mercoledì 17 agosto 2016

L'imbroglione

Io sono l'altro. Non ci conosciamo ancora, ma sapete bene che esisto. Perchè sapete, come sa bene anche Lui, che sono nascosto in tutti voi, anche se cercate di negarlo.

Mi chiamate in modi differenti, ma sono essenzialmente la metà oscura, il male oscuro, il pensiero negativo, quella punta di pessimismo che affiora ogni volta che desiderate qualcosa, e vi viene la paura di fallire... quello é il mio grande momento.
Quando perdete un'occasione, io affioro e vi suggerisco ogni negatività, nuocio all'autostima, vi distruggo la fiducia nel prossimo e remo contro qualsiasi giustizia vi aspettiate. Vi sentite dei falliti, delle merde, degli incapaci totali? Il meríto é mio, si. Quando qualcuno vi tratta male io vi faccio tacere, vi suggerisco stupide scuse, e se fate figure di merda potete essere certi che io vi abbia aiutati; io, io, io, sempre io.
Ognuno reagisce in modo differente: qualcuno mi accoglie a braccia aperte, mi lascia prevalere in ogni sua azione, mi usa come giustificazione di ogni sua non-azione. Altri mi combattono, reagendo ad ogni mio intervento o tentativo di farlo, ed é una bella lotta.
Altri invece giocano sporco: Lui, per esempio.

Già, proprio il vostro caro disegnatore, il vostro eroe che combatte la sua malattia degenerativa. Leggete i suoi interventi, ammirate il suo coraggio...
Non vi viene il minimo dubbio che non sia sincero, non dica tutto, menta, vi nasconda i fatti: é un imbroglione, e del tipo peggiore.
Oggi lo stimate per il suo coraggio nell'affrontare la malattia, nel mettersi a nudo e mettere per iscrítto la sua discesa all'inferno. Certo, non vi víene nemmeno in mente che possa avervi mentito: vi ha mai dettto delle volte in cui é caduto? Delle volte che si é incazzato davvero, quelle in cui ha urlato per qualcosa o con qualcuno?
Ogni volta che lui trova un ostacolo, vinco io: un bicchiere o una sedia spostata, quando non riesce ad alzarsi da una sedia o a slacciare la velcro di un sandalo, vinco io. Me ne accorgo dalla rabbia improvvisa, dalle rapide parolacce che sfuggono al suo autocontrollo. Tutti quei momenti che tiene per se, che non condivide con nessuno. "Non sono importanti,“ si ripete lui. 
Ma io sono sempre con lui, gli sussurro che é tutto inutile, che tanto finirà tutto nel peggiore dei modi possibile. Che si sta illudendo, che non guarirà mai, e passerà il resto della sua vita seduto in una carrozzella a motore, senza voce e con le dita contratte. Senza piu disegnare, senza poter sfogliare un libro o un fumetto, senza poter piú esternare la sua creatività?
Ormai ha capito che anche se riescono a fermare la sua degenerazione, non recupererà mai del tutto. Che rimarrà invalido in qualcosa: lo capisce ogni volta che perde qualche capacita, quando gli fanno provare gli ausilii per comunicare, accennano a carrozzine speciali o materassi antidecupito. 



Lui alterna gli umori: tempo fa non riuscì ad alzarsi dalla sedia da solo per un paio di giorni. Niente spinta sufficiente verso l'alto, se ne é rimasto solo e bloccato per un paio d'ore, troppo lontano dall'alarme, ad aspettare che qualcuno si accorgesse di lui: quando passarono per il giro serale, per mettere a letto gli anziani bloccati. E per due ore ho vinto io, perchè si sentiva infine sconfitto, senza piú forza o volontà per reagire.
Poi scoprí che le forze c'erano, doveva solamente sfruttarle meglio: alzarsi al primo tentativo, facendo molta attenzione a dove sistemava i piedi; e una volta sollevato - ma ancora instabile - spingere i polpacci contro il sedile, e ottenere la spinta finale per afferrare il girello deambulatore. In quel momento vinse lui, ma non duró a lungo: due settimane dopo fu la gamba sinistra a tirargli un brutto tiro (e nuova vittoria per me).
Vedete, fino ad allora, i momenti in cui si era accorto di non poter piu fare qualcosa, non li aveva memorizzati. Quand'era stato che aveva usato la stampella per l'ultima volta? O scritto a mano? E il coltello, quand'é stato che l'aveva usato senza problemi?
Risposte vaghe: tra settembre e ottobre, verso carnevale... Ogni volta aveva il tempo di adattarsi, trovare alternative, spostare di una tacca il suo livello di sopportazione.
Ma poi é arrivata Pasqua.

C'erano tutti i motivi per avere qualche giorno di buonumore: tre uova di Pasqua, una Colomba gigante, amici in visita, infermieri contenti di tutti quei colori in camera. Venerdì si sposta dal letto al tavolo per i pasti (tre volte al giorno, andata e ritorno), ma non riesce a uscire dalla stanza per la passeggiata di mezzo corridoio. Sabato fatica ad raggiungere il letto e domenica é peggio: l'umore é pessimo e gli manca ogni voglia di festeggiare. E non ha visite. 
Il piede sinistro non si flette più, non riesce a far forza sul pavimento, rimane sulla punta, e l'andatura é ormai instabile. Non piú sicura.
Io ho la vittoria in pugno.

Lunedì ha uno scatto d'orgoglio e nel corso della colazione si fa aiutare ad aprire una delle uova, e inizia a mangiare cioccolato. Vittoria effimera, perchè il giorno dopo era evidente la diffícolta nel muoversi. E quel peggioramento é stato all'origine del successivo trasferimento all'ospedale di Gorizia: per essere pronti al peggio.
Tutto questo accadeva ormai 4 mesi fa, e da allora ogni giorno lui e io ci battiamo in una lotta all'ultimo sangue, dove io vinco e lui cambia le sue stupide regole assolute, imbroglia, bara, alza i suoi limiti di sopportazione. Fatica a spostarsi, a farsi capire e scrivere sul tablet, prolungando un'attesa per me inutile, e infine arrendersi e lasciarmi vincitore.

Andiamo, qualcuno di voi é davvero convinto che lui, una volta che si ritrovasse definitivamente bloccato in carrozzina, abbia ancora voglia di fare con voi quello che faceva prima? Venire in pizzeria senza poter parlare, facendosi nutrire da voi, bevendo la birra con la cannuccia e guardare voi riuscire a fare tutto quello che lui non puó piu? Festeggiare il compleanno senza avere il fiato per spegnere le candeline? Osservare voi discutere di cinema e fumetti?
Scordatevelo. Cominciate ad abituarvi all'idea, lui non verrà. Non gli interesserà niente di tutto questo, la voglia gli sarà passata. 

domenica 3 luglio 2016

Un anno di piú

Da qualche parte in questo preciso momento, probabilmente in qualche specie di Altromondo, c'è un altro me stesso che sta rientrando a casa per la cena: sta camminando senza fretta, immerso nei suoi pensieri. Ció che lo distingue davvero da me é solo un piccolo dettaglio.
Anche lui, come me, é entrato un anno fa in ospedale per un problema di deambulazione, ma é uscíto qualche tempo dopo, guarito. Zoppica ancora leggermente, ma non era nulla di troppo grave. Continua con la solita vita normale e anonima, uscendo gli stessi giorni, facendo le stesse azioni, vedendo le stesse persone. E siccome abbiamo condiviso la stessa vita fino ad certo momento, so per certo che anche lui ha passato un discreto anno di merda.

Mi é venuto in mente pochi giorni fa, realizzando che era passato un anno dal mio ricovero. Ho pensato a quel giorno, zoppicante ma senza bastone. Al gelato preso con due amici la sera prima, a San Rocco. E a quei giorni pieni di domande, con il cellulare come unico contatto con il mondo al di fuori: e a tutti gli sms con cui informavo tutti dei miei sviluppi, fino al giorno in cui ho intravisto sopra una cartella la scritta "sospetta SLA".

Ho pensato a quel me stesso, ai suoi sogni e i desideri, i suoi mille progetti. Ho realizzato che sono gli stessi pensieri miei, pure se siamo diventati due persone diverse: io ora vengo stimato per il mio coraggio, per la volontà e per quello che faccio e come artista, scopro di avere amici straordinari e insospettabili (e i soliti scassamaroni), articoli su di me sui quotiiani, una pagina wikipedia che non ho dovuto aggiornare io, e amici che si rivedono dopo anni per causa mia. Ma sto diventando un po' troppo cinico.
Lui invece ha una bassa autostima, accetta i compromessi e cerca di evitare di incazzarsi troppo. Ma puó starnutire, scaccolarsi, bere una birra in un colpo solo, tagliarsi le unghie, sfogliare un libro, grattarsi un gomito, alzarsi in piedi, e chiacchierare.
Non sa quanto lo invidio.

sabato 9 aprile 2016

Il limite ignoto

Alla fine non pretendevo tanto. Chiedevo solo un limite. 
Niente di troppo complicato. Qualcosa del genere, che potesse manifestarsi in tempi e modi differenti; talvolta é un semplicissimo stato mentale: due tra gli infiniti atomi che conpongono questo nostro universo, che invertendo la loro polarità causano piccole modifiche alla nostra vita.
Vi pare che chiedessi l'impossibile? Avrei avuto piu possibilità se avessi chiesto un pezzo di luna? Certo, a tutti noi puó capitare di lasciare il posto in bus ad un anziano, e scoprire che é Buzz Aldrin, e lui per ringraziarti ti regala il sasso che aveva per caso in tasca, un ricordo di una passeggiata lontana.
Invece temo proprio che le mie richieste siano finite sulla faccia nascosta di quel grigio satellite, assieme a Base Alpha e agli sguardi di Syd Barrett.

"La sua malattia," mi ripeterono i medici, otto mesi fa, "é possibile stabilizzarla, in maniera da permetterle di vivere la sua vita, di organizzarla per bene, e farla convivere con il disagio del male" (non dissero proprio le stesse parole, ma il senso era quello). Prendi due volte al giorno la tua pillola (bianca) di Riluzolo, e buona fortuna. Avrai sempre una Spada di Damocle sopra la testa, ma almeno per il momento é ben fissata.
Dopo qualche settimana dal mio ricovero in RSA a Cormons, per qualche giorno la stanza singola a fianco della mia ospitó una signora con una patologia simile; ne soffriva da anni, ci conviveva, e solo adesso era arrivata agli estremi. Era bloccata a letto, non aveva voce e da tempo una giovane e paziente badante si prendeva cura di lei. 

Ricordo ancora i suoi strilli quando la badante non c'era, acuti e continui, quelli di chi é abituato troppo bene a non saper aspettare.

Mi avevano lasciato capire che un giorno avrei potuto pure io trovarmi cosí. Ma "un giorno", non classificabile nel tempo; a questo servivano le mie sedute di fisioterapia, ad abituarmi a questa convivenza con quest'ospite non desiderato, a prepararmi per gli anni a venire. A sapere ancora scendere e salire quelle scale troppo ripide che avevo a casa. Fino a quando, un giorno e in una galassia lontana, non sarei piu riuscito a usarla.



Quello che non capirò mai é se il Riluzolo su di me abbia fatto effetto o no: aveva davvero rallentato il mio decadimento, o era inefficace perchè l'origine della malattia era un'altra?
Limiti? Macché. Via, correndo veloce verso la degenerazione, dove pure la mia pazienza ha dovuto rimandare il suo punto di rottura. Eppure continuo a sentire storie di altri malati che sono riusciti a conviverci, a vivere la loro vita; una gamba che si blocca, un ripetuto formicolio di un braccio o una lingua che passa dalle parole ai versi intellegibili. Segnali di allerta, e a seguire una vita vissuta con attenzione, potendo ancora fare un milione di cose.
Eppure dopo meno di un anno eccomi ad uno stadio simile a quello della strllatrice, prima le gambe e l'equilibrio, poi le mani, il collo, la voce, le gambe eccetera.
E poi, si, naturalmente esistevano i casi veloci, piu rari...

Come devo considerare la mia situazione? La realtà é che ci penso da molto, cercando una risposta che potrebbe non piacermi: ho avuto sfiga ad avere la forma "strong", oppure ho avuto qulo?
La forma "tipica" della malattia del motoneurone (o SLA, chiamatela come vi pare) ti lascia un po' di tempo. Ma la sua forma veloce (ho imparato) potrebbe essere curabile. Se si scopre un'origine genetica, una falla nei cromosomi del tuo DNA, non tutto é perduto. 

Per questo sono ancora qui. Sopporto i cambi letto, i cambi di turni di infermieri e operatori sanitari, il ripetere a tutti ció che posso o non posso fare, sforzando la mia non-voce a scandire le parole necessarie e spostando verso un limite ignoto la mia pazienza. Sopporto il trasferimento da Cormons (8 mesi, una vita intera) a Gorizia, "Perchè almeno se lei peggiora saremo piu preparati", i discorsi preventivi su ipotetiche intubazioni e nutrizioni forzate, e quindi sopporto anche tutte le difficoltà di ambientazione e comunicazione, cosí come le difficoltà crescenti a scrivere questi pezzi. Sopporto pure le peggiori di tutte: "Ah, cosi lei fa i fumetti? Ma é vero che usate gli stampini?"
Aspetto che a Milano completino l'analisi interminabile sul mio patrimonio genetico: mi ci aggrappo come un naufrago al suo salvagente. E mi distrae, dettaglio non trascurabile.
L'ultimo limite, finalmente capire se ho avuto qulo o sfiga.
Lo sappiamo bene tutti, solo i nostri desideri non hanno limiti.

domenica 20 marzo 2016

Storia di un'aspirina


Mio nonno materno, mi raccontava molto tempo fa mia madre, aveva l'abitudine di prendere ogni giorno un'aspírina, convinto in questo modo di non ammalarsi mai. Morì per un infarto quando io ero ancora piccolino, lasciandomi come suo ricordo solo delle foto in bianco e nero di altri tempi e il suono della sua voce su alcune bobine di un registratore, marca Geloso.
Mamma e nonna rimasero convinte che fossero state proprio quelle aspirine a provocargli quell'infarto fatale. Io ero ancora piccolo, e rimasi pure io convinto di questo per parecchio tempo.
Da allora a casa mia venne bandita l'Aspro, in favore dell'Aspirina, suggerendomi che il nonno prendesse proprio l'Aspro. E ci volle qualche anno ancora prima che imparassi che erano entrambe Acido Acetilsalicilico, ma di due marche diverse.

Succede. Cresci, impari nuove nozioni, e puoi apprendere di aver creduto in cose errate per troppo tempo. Niente di eccessivamente grave in fondo, la vita continua, e ogni giorno impari cose nuove. Avevo solo scoperto che tutti avevano avuto torto: mamma e nonna nel credere che un‘aspirina di troppo provocasse l'infarto, e il nonno, convinto che l'aspirina preventiva fermasse l'influenza: infatti non é un medicinale che previene, poiché si attiva solo in presenza del malanno, raffreddore o influenza che sia.
Io avevo studiato, mi ero informato, il progresso e il mio interesse nella realtà scientifica mi permettevano di poter giudicare (col celebre e famigerato "senno di poi") le errate convinzioni dei miei parenti. Giusto?

Sbagliato, tremendamente errato, del tutto in torto.
Solo tempo dopo imparai una proprietà dell'aspirina che ignoravo del tutto fino a quel momento: che l'Acido Acetilsalicilico ha funzioni di fluidificatore del sangue, e viene indicato per i cardiopatici.
E improvvisamente capisco che il nonno, cardiopatico negli anni '60, aveva ragione, e probabilmente seguiva le indicazioni del suo medico. Aveva sempre avuto ragione, e moglie, figlia e nipote (io, ahimè) avevamo avuto a nostra volta torto nel giudicarlo.

Ecco, ogni volta che qualcuno mi suggerisce "un buon consiglio" per la mia malattia del motoneurone (la Troia bastarda e infame, e son pure troppo diplomatico...), mi vengono in mente il nonno, le sue aspirine e le convinzioni dei parenti, me medesimo compreso. A come sia facile giudicare dall'esterno, suggerire terapie, panacea, possibili origini ambientali o alimentari.
A come in certi momenti siamo talmente convinti di avere ragione, di essere nel giusto e che non possiamo sbagliarci, anche se non siamo dottori, ingegneri, cuochi o commissari della nazionale. 
O disegnatori di fumetti.

domenica 6 marzo 2016

Il chiodo


Ogni tanto mi viene voglia di fare un di quei cari post di una volta, quelli fumettosi, o metaforici o di informazione, quelli che leggevano in pochi.
Vorrei davvero discutere di fumetti, parlare dell'impressione che ricavo dall'assistere agli sviluppi di mercato, di protagonisti e comprimari.
Ragionare sulle fiere di fumetti, se solo riuscissi a contarle tutte; raccontare di qualche edizione particolare del passato di cui sono stato testimone. O dei miei due Comicon di Napoli, quello emozionante e quello deludente.
Vorrei aprire i cassetti, le cartellette piene di disegni, i taccuini degli appunti. Diffondere i loro tesori, condividere quegli attimi di tempo bloccati tra quelle pagine, e rivelare gli Easter Eggs o i Making Off personali. 
Vorrei continuare a parlare dei fumetti che prediligo, e dopo aver parlato di Jeff Hawke passare anche delle Xenozoic Tales di Mark Schultz (finalmente pubblicato in italiano), o raccontare 1963, il fumetto dimenticato (da tutti) di Alan Moore.
O lamentarmi. Della formula 1, per esempio. Quello spettacolo Meraviglioso che é stato fino ai primi anni di questo secolo, rovinato in pochi anni da regolamenti assurdi e furberie autorizzate. Della scomparsa di un marchio storico come la Lancia, e di vetture leggendarie come Fulvia, Stratos, Beta Montecarlo, 037 o Delta. O spiegare come e perchè le corse di automobili sostituirono e cancellarono il calcio, nelle passioni di un ragazzino introverso.
Dando il mio parere sulle varie serie di Star Trek, e spiegare quale sia stato il grosso errore commesso dai suoi autori (ovviamente a mio personale parere), che mi ha, di fatto, disaffezionato sulle ultime produzioni TV; o del perché, avendo adorato il primo film di Cars, non reggo il secondo. 
Eppure talvolta basterebbe un'oretta tranquilla per battere sulla tastiera una prima stesura.

E invece parlo di altro. Dei miei problemi, di anziani infermi e di pensieri ingombranti. Porto al centro del mio universo solo i fatti dell'ultimo anno. Non esagero a lamentarmi dei vecchi che gridano la notte, non racconto le loro parole cattive perché ho ancora lo scrupolo di non volere violare la loro privacy. Eppure quando senti la cattiveria che mettono nel gridare a figli o nipoti perché non obbediscono ai loro ordini, vorrei incazzarmi con loro. O i casi di demenza senile a cui assisto ogni giorno. O le voci disperata.
Li osservo tutti, coloro che tornano a casa, guariti e felici oppure costretti per il resto delle loro vite a bastone o carrozzina.
Ma questi sono i miei pensieri, adesso.
C'e questo chiodo fisso che continua a richiedere attenzione. Un lungo e fottuto chiodo di cui avrei volentieri fatto a meno, che mi impedisce di perseguire i miei obbiettivi secondari.

Me ne rendo conto mentre mi accorgo del filo di bava che sgocciola dai lati della bocca, sul pavimento o sulla maglietta: già macchiata di suo, perennemente, con tutto quel cibo che mi scappa di bocca. 
Della vergogna, o discrezione, di dover accettare un aiuto esterno anche nella mia pulizia personale, fino a quando davvero non ci faccio piu caso.
Delle volte che penso alle "ultime volte": l'ultima volta che guidato l'auto, ho fatto un bancomat, le crépes, un'illustrazione per Robot, o l'ultima volta che ho aperto un barattolo di Nutella: e di quel barattolo quasi vuoto che tengo sul tavolo, che mi rifiuto di gettare via, nonostante non possa più infilarci un cucchiaio.
E la paura che arrivino le prossime "ultime volte": quando non potró piú girare col deambulatore o mangiare da solo, o mandare sms.
E di come mi sia rotto i coglioni di spiegare ai visitatori COSA ho, per cui da oggi cambierò discorso, con quella parodia di voce che mi rimane.

Certo, continuo ad aspettarmi che tutto questo finisca, e possa incominciare a contare le nuove prime volte, quando ricomincerò a fare tutto, o quasi, e non faró più piú errori battendo sui tasti.
Ma é lí, il maledetto chiodo. Punge, richiede la mia attenzione in ogni momento. Pretende l'esclusiva delle mie preoccupazioni, ora e sempre. Che sia un chiodo o un colombo scagazzone, continua a interferire. E solo io a oppormi.

Una cosa é sicura: in futuro non ci saranno piu chiodi intorno a me.
Solo viti. E un cacciavite sonico per avvitarle...

domenica 28 febbraio 2016

A cinque centimetri dall'inferno

Prima ancora di stabilire delle piccole "regole di sopravvivenza", o anche solo di iniziare a pensare di averne bisogno, facevo molte cose in maniera naturale.

I primi giorni del mio ricovero qui in RSA (Ricovero Sanitario Ambulatoriale) mi comportavo normalmente: andavo in bagno, mi lavavo e facevo la barba da solo, mi cambiavo da solo, mi spostavo, bevevo e dialogavo con tutti. Se mi serviva qualcosa mi alzavo e lo prendevo, il tutto lentamente, ma con sicurezza.

Tenevo la mano allenata, disegnando e scrivendo ovunque, idee o versi della Divina commedia, ma anche solo 'Il mattino ha l'oro in bocca' ripetitivamente, in file ordinate. In fondo dovevo tenermi attivo, e quello era ció che facevo.

Poi, quando fu evidente che peggioravo, immaginai che avrebbe potuto arrivare un giorno in cui non sarei più riuscito a fare molte di quelle cose, o avrei avuto bisogno di aiuto per farle, come se fossi stato un vecchio. Avevo un'immagine legata alle conseguenze finali di un'inattesa malattia degenerativa: mi vedevo fare il cosplayer di Stephen Hawking, testa piegata e carrozzella a motore, mentre un sintetizzatore vocale esclamava EXTER-MI-NAATEE! Non sarei arrivato a quel livello, mi sarei impegnato a evitarlo. Ma avrei potuto arrivarci vicino.

Comunque era stato ben presto chiaro che la mia sarebbe stata una battaglia contro un'inesorabile, carognosa clessidra.
Ora vi chiederò un piccolo sforzo di fantasia, ma non turbatevi, in fondo vi costerà meno tempo di quello che ho impiegato io a scrivere queste righe.
L'avete presente una clessidra? Quell'antico oggetto per misurare il tempo, usando la sabbia.
Adesso immaginate che la sabbia rappresenti il pieno controllo del nostro corpo.
Normalmente scorre lenta, ma se si guasta qualcosa di imprevedibile (la gravità, per esempio) essa accelera. E scorre a velocità smodata.
Ecco, sono una clessidra impazzita. Che ogni giorno che passa scopre di avere perso qualcosa, ma si augura che non sia per sempre. Puoi rallentarla, provare a inserire un tappo, ma fino a quando un intervento esterno (una cura) non sistemi tutto, la sabbia continuerà a cadere, che tu lo voglia o no.

Non ripeterò qui cose già dette nei post precedenti, come quali capacità ho perduto o quando.
No, oggi parlerò di rimedi e inferno. I primi sono tutte quelle regole per sopperire a queste capacità perdute; il secondo é ciò in cui piombo se una di queste regole viene (inconsapevolmente) sabotata.

Mesi fa riuscivo ad alzarmi dal letto da sdraiato, a mettere i sandali, levarmi in piedi e iniziare a muovermi col deambulatore. Accoglievo gli amici in visita nelle sale apposite, e poi mi risedevo sul letto e slacciavo i sandali chinandomi. Ma diventava ogni giorno più difficile, fino a quando alzarmi da sdraiato mi é diventato impossibile. La sentite la sabbia che scorre? Shussss...
Ma ci riesco ancora se sul letto sono seduto davanti ai cuscini, e la parte superiore del letto sollevata. Rotazione del corpo, giù le gambe, spinta di braccio e gomito, e mi ritrovo seduto sul bordo. Shuusss... e per riuscire ad alzarmi devo prima sollevare tutto il letto. E come gli indosso i sandali da qui in alto? Problemi, sempre problemi, e io a cercare di risolverli.
Col letto vecchio tipo che avevo, il telecomando aveva un filo lungo, e si poteva tener vicino, e così alzavo e abbassavo, riuscivo a essere autosufficente. Ma poi si guastò.
Il nuovo letto ha un telecomando che va appeso, e mi é impossibile usarlo con le mie dite contratte (Shhuusss...). Che faccio ora?
Ci metto qualche giorno: sponda destra alzata, telecomando appeso e rivolto verso me. Prima di scendere sollevo il letto (usando le nocche della mano sinistra, shuuuuss...), indosso i sandali in automatico, senza mani. Per sedermi é un casino: in piedi, devo andare sul lato destro del letto e abbassare tutto usando i polpastrelli. Poi tornare dall'altra parte, sedermi, togliere i sandali, eccetera. Faticoso, ma si fa.
"Si, ma se sei sdraiato come fai ad alzarti?". Giusto: chiamo un infermiere. Ogni tanto devi accettare dei compromessi.

E poi le sedie. Shhussss... e diventa difficile alzarmi da un tipo di sedia, e ho dovuto iniziare ad evitarle a seconda del tipo e poi ad evitarle tutte, a meno che avessero braccioli lunghi (per darmi una buona spinta con le braccia) e fossero appoggiate al muro (quindi stabili).
la sedia dei pasti é cosí: inclinata sui 30 gradi verso il tavolo, certo non é il miglior modo per mangiare, ma una volta terminato basta una spinta e si appoggia al muro. Spostala pensando di farmi un favore, e mi avvicini all'inferno.
Sul tavolo, ben posizionati a distanza di avambraccio ci sono una confezione di fazzolettini, bottigliette d'acqua e bicchieri  di plastica. Spostateli, mettete qualcosa davanti e mi renderete un'inferno raggiungerli. Gettate via i fazzolettini stropicciati che lascio in posizione, perchè ormai mi é impossibile metterli o toglierli dalle tasche, e quando starnutirò o mi colerà il naso e non li troveró, dovró usare il braccio, il lenzuolo o la maglietta (rigorosamente in quest'ordine).
Ormai da mesi le dita non collaborano. Le falangi contratte, pollice che non collabora con l'indice, e ti priva di quella facoltà che permette che l'uomo possa raccogliere una palla mentre il gatto no, solo tirarla: il pollice opponibile. Il tutto non mi permette nemmeno piú di riuscire a fare il saluto vulcaniano...
Per prendere in mano qualcosa devo usare in maniera creativa tutte le altre dita, mentre riuscirei facilmente a tirare una palla, privando di questo piacere un gatto. Per voltare le pagine di un libro (ebbene si, talvolta uso ancora questo oggetto arcaico) lecco la punta del mignolo, perchè é il dito che riesce a tendersi meglio; mesi fa solo la mano sinistra era menomata, ma poi Ssshuuuss...
Niente piu film sul portatile, visto che ormai tenere un mouse (e controllarlo) é impossibile, e fanqulo alla clessidra (shuuuusss...).

Resiste il tablet (Steve Jobs santo subito), grazie alla penna che tengo con indice-medio-anulare, anche se sbaglio una lettera su dieci. E no, il mignolo non si offende, in fondo ha l'esclusiva sulle pagine di carta, quindi lui, che puó, se la tira alla grande. 

Dimenticavo, la voce é partita, ciao ciao. Via via piú confusa e lenta da mesi ormai, infine se n'è andata, lasciandomi con un birignao semi incomprensibile nelle giornate no, e una parvenza di comprensione nei giorni si. Shhuusss...

Se mi chiedete come sto, la mia risposta abituale rimane la stessa da tempo: sto benino. Vedo un bicchiere mezzo pieno, posso ancora muovermi e fare cose, seppur limitate, per cui (nonostante la situazione de merde) in fondo non é troppo male.
Ma se vi scappa un "Allora stai finalmente meglio?", otterrete solo di farmi girare le scatole e le palle (rigorosamente in quest'ordine). Fate voi, vi accolgo seduto sul letto, mi arrabbio se spostate il comodino o chiudete la porta del bagno, non scrivo e non disegno e non mi lavo da solo, vi sembrano reazioni di chi stia meglio?
Non facendo nulla per bloccare davvero la sabbia da quella clessidra? Rimanere qui, continuando a prendere Riluzolo (o Rilutec), facendo fisioterapia, é come essere dentro quell'oggetto infernale (la clessidra) e cercare di rallentare quella massa di sabbia con le tue mani: non serve a molto, ma é tutto ció che puoi fare. Ed é sempre meglio che non fare nulla.
E tutto questo si puó fare mantenendo un atteggiamento positivo, usando ironia e sorrisi.
Ma l'inferno é sempre vicino, ben nascosto in un bicchiere spostato distrattamente o in una sedia in posizione comoda. 
Ma dovevo aspettarmelo: l'inferno non é forse lastricato di buone intenzioni?

Dimenticavo: se per puro caso qualcuno ritrova la mia voce... può riportarmela?

sabato 23 gennaio 2016

In equilibrio sopra un cornicione, al milleunesimo piano


Un antico detto, che potrebbe essere medioevale o cinese, ma che potrei anche avere inventato io stesso (e quindi non sarebbe nemmeno troppo antico), dice che se sei preparato al peggio, non rischierai mai di rimanere deluso, di trovarti spiazzato.
Probabilmente lo inventai (o lo adottai) dopo una serie di delusioni giovanili: un brutto voto a scuola, un regalo atteso mai arrivato, il Toro che perde un campionato e in classe con te son tutti juventini, James Hunt sconfigge Niki Lauda e cose del genere. Oppure dopo eventi più gravi, come la morte di papà quando avevo dodici anni, per cui ora sapete perché non so nuotare e neppure andare in bicicletta.
O quando, nello stesso anno perdi lavoro, affetti e famiglia, che é bello pesante per chiunque. Anche quando percepisci indifferenza per il tuo lavoro (da parte dell'editore del momento), o un altro editore ti manda a puttane un progetto al quale avevi donato l'anima. La lista potrebbe continuare, ma ve ne faccio grazia.

Per cui, in questi miei otto giorni milanesi di ricovero ed esami presso l'istituto Auxologico "San Luca", mi ero già immaginato tutti i peggiori scenari possibili per i miei motoneuroni malandati.
Sì, le avevo sentite le storie dei casi incredibili, di malati gravi con sintomi simili ma cause differenti (e curabili), ma ritenevo fossero casi limite che sfuggivano ogni statistica.

Quando il professor Silani, primario dell'istituto, mi ha detto che purtroppo i neurologi di Gorizia avevano ragione, non ci sono rimasto troppo male. "E ti pareva, e vai di Sfiga...". Preparato al peggio, ed eccolo servito, questo peggio. Niente grida o altro, come un astronauta dell'Apollo, avevi già immaginato ogni risposta possibile e tutte le tue reazioni.
Eccola qui, la temuta verità che emerge: ho danneggiati sia il motoneurone A (cervello-midollo spinale), sia quello B (midollo spinale-estremità); ergo questa si chiama SLA.
Fine, punto, che altro si aggiunge? 
Tutto il resto, per esempio. Perché essendo io in quel momento in uno dei principali centri di studio della malattia (se non il principale) la seduta non si conclude con un saluto, una stretta di mano e avanti il prossimo.
Abbiamo parlato per un'ora, durante il quale mi é stato fatto il punto sullo stato della ricerca, e ascoltare quella storia é stato stimolante.
Ma oggi rimaniamo su di me: la malattia può essere lenta, rapida e ultrarapida, a me é capitata la seconda (alé). Dietro mia autorizzazione continueranno a sottoporre a esami ulteriori i miei "campioni", per me e per la ricerca scientifica. Verso marzo avranno completato il tutto.
Se non trovano alcuna mutazione genetica, sarò un paziente normale, e potrò rientrare in un protocollo di ricerca sperimentale (che è sempre meglio di nulla); ma se trovano una mutazione (ipotesi comunque remota) allora divento paziente "con causa", e potrà partire una cura specifica. E contribuirò alla ricerca (e diventerò davvero un X-Man!).
Se la malattia riesce a essere fermata, il recupero sarà lento, ma promettente. Tutto ciò che devo fare io é resistere, e continuare la fisioterapia, e ancora e ancora e ancora. Semplicissimo.

Ecco qui. Cinque giorni per scrivere questo pezzo, per rispondere nel modo più preciso possibile alle mille domande che mi arrivano da lunedì. Spero sia sufficiente, anche se sicuramente avrò scordato qualche dettaglio fondamentale.
Cosa penso adesso? Molte cose, perlopiù inutili. Temo di non essere un eroe: sono solo un tale che si ritrova a camminare sul cornicione di un palazzo alto alto, che non guarda in basso, e che cerca una finestra aperta, sopportando i colombi e il vento, ripetendo come un mantra ipnotico tutte le parolacce del mondo, e a non pensare all'altezza.
Quindi, nel caso che vedendomi di persona vi possa sembrare un po' irritabile o alterato, immaginatevi su quel cornicione, circondati voi da colombi scagazzoni, e tirate le somme.
Tranquilli, vi voglio sempre bene, anche se occasionalmente vi posso mandare a quel paese, ma come essere umano, ho reazioni umane.

A tutti gli altri, coloro che si lamentano della propria vita, del proprio lavoro, della propria donna che ingrassa e del proprio foruncolo sul sedere, be'... vorrei dirvi che farei volentieri cambio con voi. Senza pensarci troppo, sappiatelo ;-)