domenica 30 ottobre 2011

Teoria del complotto

 Niente è perduto per sempre, tutto prima o poi torna, e il cerchio si chiude sempre. Luoghi comuni, pippe mentali o altro? Questo pensiero mi è venuto  una mattina di qualche giorno fa, di passaggio in fumetteria, osservando tra le novità della settimana, esposte sugli scaffali.

Andiamo all'origine. Eravamo nei tardi anni '90, e un giorno (dove e quando? E chi lo ricorda...) mi ritrovai ad assistere all'incontro col pubblico di un'autore noto, sceneggiatore di un personaggio popolare a fumetti. Quel giorno, magicamente, il feedback col pubblico funzionava molto bene, le domande di quest'ultimo arrivavano, e l'autore rispondeva con entusiasmo, con gli argomenti che variavano di continuo.
Poi, tra le tante domande possibili, una ottene una risposta che meravigliò tutti: dal pubblico chiesero se c'era la possibilità ben presto di avere un film hollywoodiano tratto da tal personaggio dei fumetti italiano, così come riferito da più pubblicazioni cartacee (epoca arcaica, allora le news non erano così diffuse in rete...). La risposta dell'autore fu negativa: il fatto che una casa di produzione americana avesse opzionato una serie italiana non era un segnale obbligatorio che qualcuno ci avrebbe fatto un film. Lo credeva pure lui, fino a quando un avvocato che si occupava in Italia degli interessi della major USA gli aveva spiegato l'inghippo, nel momento di opzionare la serie.
Quale inghippo?
Come la chiamo io, la regola delle spalle coperte. Ma conosciuta anche come Teoria del complotto.

Lui la raccontò in modo più semplice, ciò che segue è una mia libera ricostruzione.

Sia chiaro che è una storia che funziona così solo negli States, a causa delle loro leggi. Per cui, sei nel paese del felice sogno americano, sei un produttore, e vuoi fare un film da una storia originale, hai qualche problemino. Metti che vuoi raccontare la storia di un uomo, il suo cane, e di come questo gli abbia fatto trovare moglie. Film finito, pronto a uscire, tutti contenti, ma... ma arriva una denuncia. Tizio Filippo denuncia tutti, sostenendo che la storia è copiata da un suo racconto pubblicato su un numero estivo di una prestigiosa rivista letteraria due anni prima: storia di Tizio Filippo e il suo cane. Il produttore scrupoloso controlla, rovista tra collezioni di riviste letterarie e trova il prezioso numero estivo, legge il racconto e scopre che in comune le due storie hanno solo un uomo e un cane. E qualcuno ha una moglie. Tutto il resto è diverso. Nel racconto estivo il cane scippava le vecchine (la rivista letterarie era pulp, vabbè...). Ergo l'accusa non regge, possiamo fregarcene e respingerla senza problemi. Ma a questo punto entra in scena l'avvocatoi della compagnia cinematografica, che fa notare che l'altro potrebbe ricorrere, e la causa prenderebbe anni, avvocati, sedute rinviate e annullate, eccetera. Vincerebbero (ma non è poi detto) ma spenderebbero un sacco di soldi. Ergo, suggerisce trovare un accordo. Tizio Filippo chiede 100? Gli dai 0,1 e lui e il suo avvocato sono contenti e soddisfatti.

Tutto a posto? Macchè. Arriva una telefonata, un giovane studente della scuola di cinema di Amarillo (Texas) sostiene che tutta la parte del cane e del rapporto col padrone è copiata da un suo cortometraggio premiato al festival dei giovani cineasti del dopolavoro di Paris (Texas). Oh! E ora che si fa?
Si cerca il mini film (e già questa è un'impresa), e si guarda. Falso, è la risposta dopo la visione del corto, l'uomo ha un cane e lo tiene al guinzaglio. E basta, perchè per il resto è un lungo soliloquio guardando i treni che passano. "Mandiamo il giovane autore affanzùm", propone il produttore. No, gli suggerisce l'avvocato, se no lui ricorre, chiede il sequestro, chiede ancora i danni, e ci fa perdere tempo e soldi. Meglio fare un'accordo. Vabbè, anche per questa volta, ma giusto per stare tranquilli.

Niet, il destino è avverso. Arriva un'altra denuncia. Tizio Bironzo afferma che la storia è COPIATA da un suo fumetto underground pubblicato sul giornalino scolastico dieci anni prima. Lo scrupoloso e paziente produttore comincia una strenua ricerca, si imbarca nella ricerca di introvabili giornalini scolastici, conservati in umide cantine scolastiche, rovinati dal tempo, dal lavoro dell'entropia e da bande di zombi (che notoriamente riempiono le cantine delle scuole del midwest) risvegliate da tanto fracasso, ma alla fine riesce a trovare suddetto fumetto: cani vampiri e uomini zombi, un tempo sposati. No, non è la stessa storia, contestiamo. L'avvocato spiega che ci vorrebbe troppo tempo, bla bla bla, e consiglia un accordo. E accordo sia. Ma è l'ultima volta.

Ma poi arriva Tizio Matusalemme, e afferma iracondo che il cane della storia ha lo stesso nome del suo cane, morto nel '46 a Milwaukee, e per giunta - e questa era impossibile da indovinare per combinazione - lui stesso è stato sposato. Per cui è un plagio bello e buono, e non gli hanno chiesto il permesso di usare il suo nome, per farlo devono comprare i diritti, e chiede i danni. Il paziente produttore va dall'avvocato, e gli dice che questa è una richiesta cretina, che il cane si chiamava Fido, nome comune, per cui di questa denuncia possono fare a meno... ma l'avvocato consiglia di accordarsi, perchè bla bla bla, l'altro potrebbe continuare a perseguirli.
Niente, non c'è via di fuga. Ci sarà sempre qualcuno che dirà che gli hai rubato l'idea, o un collegamento o una scena che ricorda "troppo" qualcos'altro. Non c'è scampo. Ora e per sempre.

"Okay, ma come faccio allora a tutelarmi?" domanda il produttore esausto.
"Facile," risponde l'avvocato esperto di azioni legali, "E' sufficente che tu abbia le spalle coperte". Il succo è semplice: il film deve essere tratto da un'opera pre-esistente, meglio se vecchia di anni. In questo modo chiunque protesti pretendendo di essere stato derubato dall'idea, riceverà come risposta un messaggio con la spiegazione "Caro amico, questo film NON è copiato dal tuo fumetto pulp scolastico, perchè è tratto da un racconto di uno scriba sherpa del 1700. Per cui semmai sei TU che hai copiato lui, stai attento che potresti essere denunciato. Un saluto." Niente accordo, niente assegno di rimborso, il produttore è contento e non deve spendere soldi inutilmente.
Una volta detto questo, il produttore, che ha capito tutto, acquista i diritti della carica dei 101, e stabilisce che la storia del film è ispirata a quel classico: e quel film incominciava col i protagonisti umani che si conoscevano grazie ai loro cani. Il titolo diventa "La carica dei 110", e nessuno più li denuncia.

Ma in questo film ci sono i cani Dalmata? No, e allora che ispirazione è? Se lo vado a vedere convinto che ci siano un sacco di cani maculati e spassosi, non finisce che mi arrabbio se vedo che non è così?
Forse. Ma sarai sempre una minoranza, e avrai fatto meno danni della denuncia di plagio di un giovane cineasta di Amarillo. E poi cosa ne vuoi sapere tu?
In compenso gli sceneggiatori del nostro film potranno giustificare tutti i cambiamenti portati alla storia originale con abile dialettica, perchè in realtà loro vogliono raccontare la LORO storia, e della fonte originale in fondo non gli importa un bel niente: Abbiamo voluto ammodernare la trama (classico); non abbiamo voluto guardare il film originale per non farci condizionare e avere la mente libera (spudorata); abbiamo trovato uno spunto originale che era sfuggito all'autore (ossignooore...); abbiamo fatto dei cambiamenti per renderlo più fruibile ai milioni di persone che lo vedranno, rispetto a quelle poche migliaia che hanno letto il libro (ideale per fare incazzare qualche migliaio di lettori), e così via, l'importante è avere molta fantasia, e molta molta molta faccia tosta.

Per cui, ormai di default, ogni volta che una casa di produzione decide di raccontare una storia originale, si procura un alibi efficace, cercando qualcosa di pre esistente a cui ispirarsi: opziona fumetti, racconti, cortometraggi, ogni cosa che possa avere qualche collegamento con il film in cantiere, stabilisce un budget apposta per queste acquisizioni, e blocca tutto, anche più del necessario, perché in fondo già che ci siamo  anticipi altre case di produzione che potrebbero avere idee simili. E tu, autore di un fumetto italiano con un eroe che vive nel futuro, ti ritrovi opzionata la serie solo perchè magari qualcuno vuole i detective del futuro e non vuole che vengano accusati di plagiare Blade Runner. Ohibò. Rimango basito.

Ma è mai possibile? Vorrebbe dire che chissà quanti dei film che ho visto sono nati su basi simili? Un complotto mondiale di queste dimensioni? Ma andiamo...
No, dai, non ci credo, non è possibile, eppure... quante volte ti sei trovato a vedere film tratti da qualcosa, e hai scoperto che di quel qualcosa non ne hai trovato traccia?
No, non è possibile, e per provarloè sufficente che prendiamo dei film , a caso: Hellblazer, film con Keanu Reeves tratto dal fumetto omonimo. Ma di quel fumetto non ha nulla, a parte il detective (biondo in origine, Johnny Mnemonic qui) che fuma. Ragionevole sospetto...
No, non basta, prendiamo un altro esempio, magari Van Helsing: lo guardi, e oltre rimpiangere i soldi del biglietto, ti chiedi che centri con Frankenstein, visto che sembra un adattamento tarocco di Solomon Kane di Howard. Stai a vedere che...
No! NO! Non è così! Prendiamo un altro film, Io Robot, con Will Smith: Asimov non c'è, i robot violano le leggi della robotica, botte alla Matrix, Skynet, e nemmeno un dalmata... accidenti.
La recente versione di Ultimatum alla terra? Uhm... alieni che vogliono disinfestare la terra, Johhny Menemonic/John Constantine con sguardo di ghiaccio, e dov'è finito il messaggio pacifista del film originale? E Klatoo? Beh, c'è sempre Jennifer Connelly, che da sola merita la visione del film, ma... uhm... eppure... No, è solo una serie di coincidenze, non è davvero così.
Forse che tra i film tratti da Philip Dick le cose vanno diversamente?
Impostor: gente che corre, con colpo di scena, doppio colpo di scena e triplo colpo di scena tutto nell'ultimo minuto. Ossignore, l'idea su cui si basa tutto il racconto, banalizzata ed evoluta in questo modo...?
Total Recall: le avventure di gente che corre su marte, senza smettere mai di correre. Uhm... e l'uomo che ha nelle sue mani la fine del suo mondo, che fine ha fatto?
Paycheck: gente che corre facendosi aiutare da oggetti inutili a fare cose ancora più inutili (mmmh... nel racconto funzionavano, però...). E sopratutto niente artiglio temporale, accidenti. Stai a vedere che...? No, lasciamo perdere i film tratti da Dick, è come sparare sulla croce rossa... Bè, c'è sempre il film di Dylan Dog...
No, nonono-Noooo! Non è così, non insistete, non ci credo, non può essere così! 

Quell'autore di fumetti, qualche tempo dopo mi disse che si aspettava che prima o poi qualcuno a Hollywood, una volta avuta l'idea, avrebbe potuto pensare la genialata di realizzare lui stesso un fumetto su quel tema, PRIMA del film, se non ne trovava uno come voleva lui (realizzato magari anche male, magari anche disegnato coi piedi, magari anche con tutti i cavalli storti, l'importante è che esca, non necessariamente rilegato), e quindi solo dopo fare il suo film colossal, in modo da poter dire "E' tratto da quel fumetto". E se qualcuno si riterrà parte lesa, sarà con quel fumetto e con l'editore che l'ha pubblicato che si arrabbierà, non con i produttori cinematografici che ne hanno ricavato un così fedele adattamento.
No, sono tutte cavolate, ma figurati se è mai possibile. Questa è la vera teoria del complotto
Si, ne sono convinto.
E poi passo in fumetteria e sfoglio il fumetto da cui hanno tratto Cowboys vs Aliens.
Ecco, ora il dubbio forte mi è tornato bello forte, e stavolta di certo non sparisce. E quello nel cielo è davvero un segnale da origini sconosciute.

Morale della storia, se un giorno opzionano un vostro fumetto underground su zombi e vampiri, siate contenti per i soldi (pochi, maledetti e subito), ma non aspettatevi troppo. C'è altro nella vita.

PS: la foto è tarocca, sono bastati 5 minuti di Photoshop :-)

martedì 18 ottobre 2011

Cantami o diva, di Principesse e ciabattini

Parliamo di Richard Williams.
Forse non l'avete mai sentito nominare, la cosa è molto probabile, in fondo è un nome abbastanza comune. Non è un parente di Robin William, nè di Robbie o Alan, ma in fondo quel cognome lo portano in tanti. Il nostro Richard "Dick" Williams è un'animatore canadese, e nel 2013 compirà 80 anni. Sue tra le tante cose fatte, le sigle di alcuni famosi film, come il Casino Royale con David Niven, o alcuni titoli della Pantera Rosa, o questo:


Ma il motivo per cui potreste ricordarlo è il ruolo che ha avuto come regista delle animazioni in "Chi ha incastrato Roger Rabbitt", il film di Robert Zemeckis che ha unito magicamente attori in carne ossa e cartoni, in un'epoca in cui il digitale e la CGI non avevano ancora cominciato a dettare legge. Un grosso successo, e un bel po' di soldi che arrivano in cassa, che gli premetteranno di continuare a realizzare un vecchio sogno.

Già, perchè Richard Williams vuole finire The Thief and the Cobbler, il suo chiodo fisso, il film a cui sta lavorando già da tempo. Lo concepisce nel 1968, all'età di 35 anni e inizia... ma il progetto è ambizioso, i fondi finiscono, gli anni passano, le idee si accumulano. Nel 1988 Roger Rabbitt gli fornisce i soldi e la notorietà per avere il supporto di una major, ma a volte anche questo non basta. Il lavoro procede a rilento, il progetto è ambizioso, e un bel giorno arriva la notizia che la Disney sta girando Aladdin: accidenti, bisogna sbrigarsi a finirlo prima, o si va fuori mercato. Ma il tempo manca. Si monta tutto quello che c'è di pronto, si animano gli storyboard, per vedere cosa manca e a che punto siamo: niet, troppo da fare, non è possibile finirlo, i produttori non sono contenti. Che si fa? Non è difficile immaginarlo... Williams viene rimosso dal progetto, e sostituito da Fred Calvert, produttore a quel tempo già responsabile di diverse serie d'animazione americane. Si girano nuove scene, si cambia la trama in certi punti, si segue la moda...

Nel 1994 esce "The Princess and the Cobbler", prima versione rimontata, ma impostato come se fosse un film disneiano di quelli del periodo (la moda, appunto...): con canzoni e personaggi buffi. Due anni dopo la Miramax aquisisce il film, lo rimonta, aggiungendo nuove voci (Matthew Broderick), imponendo il racconto in prima persona dello stesso ciabattino dove prima rimaneva muto fino alla fine, e ribattezzando il tutto "Arabian Knight". E parla pure il ladro, in origine concepito come un Wil E. Coyote umano (era animato da Ken Harris, proprio l'animatore del Coyote). Ma a differenza di Blade Runner, in cui lo stesso espediente imposto dai produttori alla sua uscita dava un valore aggiunto al film, qui decisamente no; ora sembrava una delle tante copia di Aladdin. Anche Jafar di Aladdin ha molto in comune con il grand visir Zig-Zag di "The Cobbler". Ma chi è stato creato prima? Uhm, gatta ci cova...

Ma di questo non ci interessa, lasciamo i paragoni a chi è interessato a farli. Noi torniamo al film originale, perchè Williams ci teneva tanto a finirlo? Perchè i produttori preferirono farne un film musicale? Com'era la sua visione? E' davvero andato perduto e non lo vedremo mai?

Non ancora, almeno pare. Qualche scampolo di destino ci mette lo zampino, e Roy Disney, il nipote del grande Walt, ne viene a conoscenza, e decide di occuparsi di restauro e completamento, secondo la versione originale, così come aveva fatto con Fantasia 2000: ma il diavolo fa sia le pentole che i coperchi, e nel 2003 lo stesso Disney lascia la società dello zio Walt, defenestrato dalla gestione Michael Eisner. Forse lo ricordate, era il periodo in cui Eisner ebbe la folle idea di chiudere gli studios tradizionali ("I tre Moschettieri" doveva essere l'ultimo prodotto di quel tipo), darsi al digitale e liberarsi della Pixar... e probabilmente in breve tempo avrebbero pure fatto volare le mucche e raso al suolo il parco Yellowstone, tanto per dimostrare che sapevano fare anche altre cose molto idiote (e magari liberarsi pure dell'Orso Yoghi, pericoloso concorrente). Ma poi, siccome una giustizia da qualche parte riesce ad arrivare, la Disney prese una direzione differente, si fuse con la Pixar, Steve Jobs ebbe la maggioranza, Roy Disney rientrò ed Eisner lasciò... ma questa è un'altra storia.

Nel frattempo il film di Williams ormai era svanito. Perso, smemorato, conosciuto solo in visioni non originali, il montaggio con lo storyboard in una bassa qualità, qualche VHS con parte di altro materiale... lo stesso Williams ha ormai rinunciato.

E poi... poi arriva l'amore di un appassionato, laddove si erano bloccati in tanti. Che recupera tutto il recuperabile, tutte le versioni, gli storyboard, e lavorando in alta risoluzione realizza quella che verrà conosciuta come il Recobbled Cut, la cosa più vicina a quello che doveva essere il progetto originale di Williams. Quello che anche noi possiamo vedere adesso, grazie a Youtube. E scoprire la sua storia grazie ad altri appassionati, che hanno dedicato alla sua memoria parte del loro tempo libero.

Per cui, eccoci qua. Sotto trovate le sequenze per vedere tutto il film, pezzo dopo pezzo. Ma è un po' lunghetto, per cui tornate quando il tempo ce l'avete, e guardatelo, che ne vale la pena. Per vedere come un'animatore può concepire un progetto davvero originale, che non segue la moda.

E come un animatore riesce a creare il più grande film d'animazione MAI realizzato. E sì, almeno questo record bisogna riconoscerlo...



E solo adesso, ma solo se lo volete davvero, se ne siete davvero sicuri, se non avete altro di più urgente da fare (che ne so, tagliarvi le unghie, leggere un libro, guardare il TG1), SOLO in quel caso, allora guardatevi pure la versione Miramax. Con la voce narrante del protagonista, la principessa che canta, insomma il classico cartone come ce ne sono tanti, quello che lo spettatore medio si aspetta da un film d'animazione. Lo trovate qui sotto.

Ma volete vedere come continua, sorry, dovete cercarvi da soli le parti successive su Youtube, a me, dopo aver visto l'originale, manca il cuore. O lo stomaco, fate voi.

giovedì 6 ottobre 2011

Change the World


Osservo il mio iPod, penso che ha la batteria scarica, penso che dovrei collegarlo al pc e ricaricarlo. Poi penso che dovrei anche cambiare batteria perché la sua ormai è alla frutta, ma in fondo è tarocco, lo sapevo sarebbe successo. Ma se esiste, se qualche cinese ha pensato fosse il momento di copiare qualcosa di valido, è stato perché questo qualcosa di valido ESISTEVA, ebbene la colpa è di un uomo solo. Penso che se ho perso venti minuti buoni la settimana scorsa in quel centro commerciale facendo scorrere le dita sopra l'iPad, sentendomi smarrito e piccolino perché le dita facevano quello che prima dovevi fare col mouse, la colpa è dello stesso uomo, porcapaletta. E poi penso che mi sento davvero nel 21esimo secolo, e che il mondo di meraviglie tecnologiche di Blade Runner è a due passi, o a solo 5 minuti nel futuro.

Poi passo con lo sguardo su alcuni libri di Fantascienza inpilati in torri temerarie, nell'attesa di venire inscatolati senza venire letti, e mi dico che è bello averli, che un giorno riuscirò anche a leggerli, e ritorno col pensiero alla prima collana regolare di Fantascienza da edicola che sono riuscito a completare (Omicron, editore SIAD/Armenia, solo 7 numeri, nel 1981), che se un viaggiatore temporale viaggiasse indietro nel tempo e mi distraesse dal guardare i libri esposti in edicola, impedendomi di vedere quella copertina disegnata da Franco Storchi, di quel romanzo di Silverberg, magari non sarei mai diventato un lettore onnivoro di FS e adesso avrei un sacco di spazio in casa, e probabilmente un gatto a scorrazzare in quegli spazi vuoti. Chi fu il traduttore e curatore di quella prima collana? Colpa sua se incominciai, perché se per quel numero 1 avesse scelto una copertina differente forse non l'avrei mai preso?

Poi comincio a lavorare, perché devi cominciare prima o poi, anche se sei un libero professionista, e non puoi passare tutta la mattinata a a ricevere notizie tramite la rete. E penso alla cura che ci dovrò mettere, perché questo è quello che il mio curatore si aspetta da me, perché è tradizione della casa editrice, perché l'ho imparato leggendo un'infinità di ottimi fumetti fino quando il tutto non mi è entrato nel DNA, permettendomi di capire la differenza tra un lavoro fatto bene e uno fatto coi piedi, rendendomi impossibile ormai a continuare a leggere un fumetto se trovo che è pieno di buchi. Quando realizzi che è questo che ti dà la carica in questo lavoro, la vera differenza tra lavorare per l'editore A e lavorare per l'editore B. E mi ritrovo (evidentemente divago troppo col pensiero) a riflettere che anche qui la colpa è di un uomo solo.

Poi spengo tutto, e mi preparo ad affrontare il primo giorno del resto della vita, e penso che tra tutte le persone che faranno questa strada in mia compagnia non ci saranno più - oltre ai soliti Gilles Villeneuve e Philip Dick - nemmeno Steve Jobs, Vittorio Curtoni e Sergio Bonelli...

Si... sarà decisamente un viaggio meno avventuroso, ma sicuramente più triste.


"Because The People Who Are Crazy Enough To Think They Can Change The World, Are The Ones Who Do"

Steve Jobs