venerdì 24 febbraio 2012

Tre, che visse nella balena

Una serata normale, tra amici, come tante altre. Qualcuno è un nerd, qualcuno di più, qualcuno di meno, qualcuno non lo è affatto.
Non è poi un evento così raro. Una pizzata tra amici, al solito: ognuno conosce tutto quello che deve sapere su gli altri. Che vita fai, dove abiti, come vivi, dove lavori. Chi timbra il cartellino, chi è impegnato a frequentare un corso serale (di Inglese/computer/computer grafica, scegliete quella che più vi aggrada) perché è a casa in cassa integrazione, e chi fa il libero professionista.

La conversazione, davanti alla pizza, è sempre incentrata sugli stessi argomenti: fumetti, hobby, Gundam, donne, lavoro, ordina la pizza, prendi il dolce, una birra grande o media, come vuoi chiamarla, tanto la misura è uguale, il sapore anche, e non c'è scelta, ce n'è una sola: alla spina, bionda, avanti, vuoi deciderti a ordinare?
Poi, nel momento di pausa dopo la pizza, prima che la cameriera torni tra noi per chiederci se tutto è a posto e per elencarci la lunga lista dei dolci (la conosce a memoria), ecco che qualcosa turba quella quieta tranquillità: mentre Uno parla di musei provinciali con Due, mentre Quattro, Cinque e Sette discutono della fumetteria locale, e del perché i cartonati siano sempre nel posto sbagliato, ecco che Sei si rivolge a Tre, facendo un'affermazione.
"Tu, mi devi fare un disegno!"
Non una domanda, non una richiesta, un'affermazione. Si, lo so, c'è molta differenza tra le due cose, per cui quella richiesta suona stonata in quella situazione. Ma è colpa tua, caro Tre: in fondo te la sei cercata, lo sai. Tu sei sempre disponibile, sei sempre ben disposto, raramente mandi a quel paese qualcuno e solo pochi mortali possono testimoniare di averti visto davvero incavolato, ma quando lo riferiscono vengono scherniti, perché tutti sanno che Tre è un vero pezzo di pane. Cerchi di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, ti imponi di non pensare al lato negativo di ogni situazione, e Pollyanna ha sostituito Freud nelle tue elucubrazioni esistenziali, e adesso proprio tu, che credi in tutto questo, ti meravigli se ti fanno un'affermazione al posto di una richiesta?
E fosse la prima volta. No, il nostro caro Tre, te la sei cercata.
Perché tu sai disegnare. E non lo fai con fatica, oh, no. Ti viene facile. Ti hanno visto prendere una penna in mano, e fare un disegno. Solo tu sai che quel disegno, fatto in piedi, sopra un giornale tenuto in mano, senza punti d'appoggio, è venuto malissimo, tutto storto e non ne sei fiero, nonostante tu ci abbia messo l'impegno.
Il messaggio che è sempre passato è che per te è facile. E fai pure una vita facile: sempre a casa, con i tuoi orari ("a non fare un cazzo" dice qualcuno, pensando di essere un fine umorista), hai un lavoro facile, che ti lascia la testa tra le nuvole, che non ti fa pensare ai problemi dei comuni mortali. Tu solo sai l'impegno che ci metti, conosci lo stress del vuoto di creatività, e quello della scadenza imminente, ma non vuoi lamentarti, non è giusto. Questo lo farai tra colleghi, a tempo debito.

Rifletti. Non che in passato sia stato differente: una volta erano gli insegnanti a scuola a far fare a te le cose più complicate, poi toccò ai parenti a chiedere questo e quello, e in tutto questo tempo naturalmente anche gli amici, sempre con richieste, tanto per te era facile, che ci voleva? Se dicevi no eri quello difficile, che faceva il prezioso. Per cui okay, va bene,  Tre vi accontenta tutti, ma non gli rompete, okay, ma questa NON è cosa giusta.

E adesso lo fai per lavoro. Il che vuole dire che qualcuno ti paga per farlo, e questa è invece cosa giusta.  E lo fai bene (o almeno ti illudi sia così), sei apprezzato (speri ardentemente che sia vero), e stimato (implori non sia una pietosa bugia). E quindi? Eppure alla fine anche tu ti sei accorto che quando scrivi il tuo nome su eBay - solo per curiosità, non fai mica male a nessuno, vero? - appare una lista di disegni tuoi, fatti qui e là, alcuni anche con la dedica, messi in vendita. Guardi quelle cifre (non sei COSI' famoso, non ti illudere, sono basse), e ci pensi che quei disegni li hai fatti gratis, solo perché te li hanno chiesti. Ma sai benissimo che  questo non ti bloccherà quando farai i prossimi, non ti ritroverai mai a pensare che quei disegni potrebbero venire un giorno venduti. "Fa parte delle cose che accadono," ti ripeti, così come si rompe pure il frigo o la pompa della benzina sull'auto, e Pollyanna trionfa.

Quindi perché ti fermi e fissi in faccia Sei mentre la cameriera sta elencando la lista dei dolci in ordine alfabetico inverso? Non sarà che tutto questo sfaldi il tuo elaborato alibi? Naaaah.
Perché Tre deve fare un disegno a Sei? Perché Tre è un disegnatore, ovvio. Disegnare per lui è facile, ovvio. Non è una fatica, ovvio. Per cui che gli ci vuole? E' dovuto.
Perché Sei non chiede a Dodici di avere una birra gratis, visto che lui lavora nella pizzeria? Ma Dodici ci lavora, non è sua la birra. Tre ricorda bene che  Dodici tempo addietro gli venne presentato. Lui non ci pensò sopra troppo, e quando Sei riferì a  Dodici delle sue abilità di disegno, pensò fosse più rapido fare lo sborone, e su un pezzo di carta fece un ritratto veloce di Dodici, che rimase stupito e piacevolmente sorpreso. E pareva fosse finita lì, palla al centro, si ricomincia.
Eh, no: un mese dopo Dodici ti chiede se gli fai un ritratto, con la moto Kazakozo, il giubbotto Urigami e lo Stetson, con camicia hawaiiana e stivale Sajami Bonsai di Almanegretta. Tanto per te è facile, eh? Non sei tu quello che ha fatto il ritratto veloce un mese fa? Fregato da solo.
Dovresti sparare una cifra, farla passare per commissione, e allora vedresti che cambiano idea. "Ah, no, ma allora no, io credevo che lo facevi per amicizia."
Ora Tre vorrebbe dire la stessa cosa a Sei. Ce l'ha sulla punta della lingua, sà che sarebbe la cosa più giusta. Ma sà anche che una risposta simile rovinerebbe l'atmosfera allegra della serata. E che non è la prima volta e non sarà nemmeno l'ultima, per cui, nel breve e intenso momento passato dall'affermazione di Sei ad ora, durante il quale tutto il contenuto di questo post ti è venuto in mente, decidi di non-rispondere con una non-risposta:
"Vedremo."

Resisti, caro Tre, e benvenuto nel mondo reale, a lungo negato. L'hai sempre saputo, ma devi uscire da quella balena, e imparare a dire di no. Anzi, devi imparare a dire NO!
Lo sai anche tu che queste lamentele qui sopra sono solo piccole eccezioni. O se non lo sai e non lo credi, ti prego, fingi da qui all'eternità che sia davvero così. Non è tutto totalmente negativo. Gli appassionati li puoi accontentare, ancora e sempre, quando ti chiederanno un disegnino, accontentandosi anche se è storto o veloce, e continuerai il tuo lavoro creativo, e le pizzate con birra media (o grande, il bicchiere è lo stesso).
Per tutti gli altri, patiti di Stetson o venditori di eBay, non disperare:
un giorno o l'altro ti regaleranno un Dalek.... :-)


Un abbraccio dal tuo alter ego, Jack.

domenica 5 febbraio 2012

L'alto costo della pizza

C'erano una volta, seduti insieme a chiacchierare, 5 amici. Caso bizzarro vuole che fossero tuttti disegnatori di fumetti, che si conoscevano e si frequentavano da parecchio. Assieme avevano attraversato diverse vicissitudini lavorative, ma adesso potevano considerarsi abbastanza sistemati, tranquilli e soddisfatti. Mi capitò di passare di lì per caso, seduto al tavolino di fianco, e sentirli parlare. Questa è la cronaca di ciò che accadde.

"Avete letto questa notizia," cominciò Marcolino, leggendo distrattamente il giornale. "Pare che una statistica affermi che lo stipendio medio di un lavoratore italiano è di 1300 euro al mese".
La notizia venne accolta distrattamente dagli amici, che si limitarono a qualche commento generico, mentre giocavano con la loro cocacola o mescolavano distrattamente lo zuccherò nella tazzina di caffè.
In realtà ognuno di loro pensava. Pensava al proprio lavoro, come fanno sempre i disegnatori, e pensava ai suoi guadagni, e ognuno pensava al suo stipendio medio. E come se un'entità aliena avesse dato loro un comando telepatico, si ritrovarono tutti a calcolare QUANTE pagine dovessero disegnare per arrivare a portare a casa quella cifra alla fine del mese. Con discrezione, ognuno fingendo di non essere visto dagli altri, ognuno a modo suo, fecero i loro bravi calcoli.

Non che fosse una cosa facile stabilirlo, innanzitutto. Ogni pagamento che arrivasse loro andava calcolato decurtato di una ritenuta d'acconto, che veniva calcolata secondo una precisa formula, sempre e comunque troppo complicata da ottenere, quanto molto semplice da spiegare: "Verrrà dedotto il 20 % calcolato sul 75% del totale". Talmente complicato che il più delle volte più di uno di loro lasciava in bianco la ricevuta di pagemento, limitandosi ad applicarci la marca da bollo da 1,92 Euro.

Marcolino fu il primo a farsi i suoi bravi conti, arrivando alla conclusione che per raggiungere quello stipendio medio avrebbe dovuto fare 11 pagine al mese. Bè, sì, ce la poteva fare, eccome. Non era fortunato come i suoi colleghi Pippo, Pertica e sopratutto Palla, che poteva permettersi di fare 5 pagine al mese e guadagnare lo stesso, ma poteva capirlo, era un veterano e lavorava su un personaggio popolare. Sempre che non ne facesse comunque 11, e con i soldi che riusciva a mettere da parte avrebbe potuto permettersi (come sfizio, of course) di compare un pezzetto di Fallingwater. Se poi ne faceva 30 (come il collega Pertica), allora avrebbe poteva comprarsi l'intero Guggenheim Museum.

Anche Ciocco si fece i suoi bravi conti. Lui aveva una buona mente matematica, e i calcoli li faceva a memoria, e arrivò subito alla soluzione. Lui per raggiungere quella cifra, lavorando nella grande famiglia felice del suo felice editore, doveva farne 39 di pagine. Oh, bè, non che la cosa gli fosse difficile, in fondo era abituato a produrre pagine come se piovesse. E nessuno gli diceva nulla se le braccine di tizio erano più corte, o se le pieghe della manica non erano esatte. Bastava che le facce avessero tutte rigorosamente 2 occhi, un naso, una bocca, due orecchie, il tutto in una forma accettabile, e tutti erano più felici e soddisfatti di prima. Per un attimo però si ritrovò a pensare ad un momento più felice, della sua pur finora ancora breve e felice vita lavorativa, visto che solo due anni prima, gli sarebbe bastato farne 28 di pagine, per raggiungere quella cifra media. Ma si sa, la crisi, le tasse, la gente non legge più fumetti, se veniamo pagati di meno tutti, lavoriamo di più, adesso questo era il trend, e la vita felice continuava, ancora più felice. Certo, magari l'unica Falligwater che avrebbe potuto permettersi lui sarebbe stata una di carta, ma in fondo cheglimmmportava a lui di Fallingwater, se poi nemmeno sapeva che cacchio fosse?

Gigino i conti se li era già fatti precedentemente. Il suo editore ottimista si era vantato al momento dell'affidamento dell'incarico, di pagare ben DUE ero lordi più dell'editore felice. Per cui lui poteva permettersi di fare due pagine in meno dell'amico per raggiungere l'ottimista cifra media. Ma siccome non aveva mai mollato quel lavoretto di grafica pubblicitaria, poteva farne di meno, il resto dei soldi arrivava per altri lavori.

Melanna, l'unica ragazza del gruppo, non aveva tanta voglia di fare i conti. Temeva il risultato. Ma li fece lo stesso, digitando rapida sul suo iphone le cifre necessarie. "65" era la cifra finale. 65 pagine. La cosa positiva era che in caso di fumetto di 100 pagine, in due mesi lo consegnava finito, ma le chiedevano sempre aggiustamenti, correzioni... Fortuna che c'era il lavoro di baby sitter del marmocchio dei vicini. Peccato che l'amico editore che le aveva commissionato un paio di storie non l'avesse chiamata più, ma anche lui aveva dovuto ridurre la produzione: con lui ne sarebbero bastate 33 di pagine per raggiungere la cifra ideale. No, per fortuna che c'era il marmocchio, decisamente. Ma quello che non reggeva era Keroro.

Licio, fu l'unico tra di loro a parlare, rompendo quella cortina di silenzio che era seguita alla lettura del giornale da parte di Marcolino. "Mi sempre una cifra esagerata, da quanto risulta a me lo stipendio medio più realistico per un giovane assunto è di 900 euro mensili."

Melanna fu la prima a pensarci, o se vogliamo quella con iPhone più veloce a calcolare. Ehi! ma così le bastavano solo 42 pagine per arrivare allo stipendio medio. Figo, questo voleva dire che una volta al mese avrebbe potuto permettersi di evitare la cura del piccolo bastardo, ed evitarsi le verdi avventure del sergente Keroro in TV.
Gigino, sempre ottimista come il suo editore, questa variante di calcolo l'aveva già fatta, sempre facendo il paragone con l'amico Ciocco e il suo editore felice. Gigino poteva fare 24 pagine, una in meno dell'amico, e la cosa lo riempiva di estrema e ottimista soddisfazione.
Ciocco fu l'ultimo ad arrivarci, ma solo perchè il suo cellulare era più arcaico, e aveva sbagliato un paio di volte a digitare (troppa fretta, e cifre troppo piccole per vederle bene senza farsi notare dagli amici). Quel 25 finale lo riempiva di soddisfazione, perchè lui di pagine ne faceva davvero 39, per cui questo significava che guadagnava molto di più della media. E questo lo rendeva felice, proprio come il suo editore felice. Certo, solo due anni prima ne sarebbero bastate 18... ma era inutile pensarci troppo.
Marcolino pensò che 7 pagine le faceva tranquillamente in un mese. E anche se dalla redazione gli avessero spaccato il capello in quattro per la posizione delle orecchie dell'eroe ("troppo alte, correggi"), per lo sfondo  poco dettagliato ("Non si legge l'insegna sul negozio, correggi"), non avrebbe avuto problemi a rispettare le consegne. E così i colleghi Pippo e Palla. E sopratutto Pertica e il suo palazzo Guggenheim.

"Bè, che ne dite di farci una pizzata una sera?" propose Licio, rompendo il silenzio.
"Per me si può fare." disse Marcolino, ragionando che con una pagina pagata avrebbe potuto anche offrire lui la pizza a tutti quanti. E anche il dolce.
Ciocco aderì alla proposta, felice. In fondo la spesa della serata sarebbe stata pari al costo di una pagina, e col resto poteva prendere ancora qualcosa, e la cosa ci poteva anche stare, visto che in un mese ne faceva tante.
Quell'ottimista di Gigino pensò a sua volta che lui avrebbe potuto prendersi pure il caffè o l'amaro, rispetto a tutto quello che avrebbe preso l'amico, per il solo costo di una pagina. E queste eran soddisfazioni, altro chè...
Melanna ci dovette pensare su: una pizzata corrispondeva ad una pagina intera, ma solo se evitava il dolce e il caffè. Ma avrebbe sempre potuto sacrificarsi a qualche anime, almeno per una volta in più, ma una serata con gli amici valeva un Keroro.

Alla fine furono d'accordo. Continuarono a chiecchierare per un po', poi Melanna chese a Licio come andava con il suo lavoro.
"Abbastanza bene", rispose Licio. "Ho ricevuto il contratto dell'editore, ben 4 pagine scritte fitte fitte. Per tre anni l'editore avrà l'esclusiva della graphic novel a cui ho lavorato negli ultimi 5 anni. Nessun anticipo, ma una percentuale sul venduto, da corrispondere ogni 6 mesi, ma solo se le vendite superano le 1000 copie. Ma per 5 anni l'editore ha l'esclusiva del personaggio e della vendita del volume. E il contratto è rinnovabile automaticamente ogni 3 anni, a meno che io non provveda a disdire con un ragionevole anticipo."

Gli amici lo guardarono fissi. Ognuno di loro aveva atteggiamenti discordanti riguardo all'amico e al suo lavoro. Una "graphic novel" era un bel risultato, era una cosa da invidiare. Ma quel contratto sembrava loro un'inghippo. Niente anticipo ("Son tempi duri"), niente certezza di diffusione ampia ("I distributori si mangiano metà incassi, l'è dura"), in fondo in fondo provarono un po' di pietà per l'amico, sentendosi dei privilegiati.

"Allora rimaniamo d'accordo, facciamo per venerdì?", propose Licio, e gli amici e colleghi si trovarono d'accordo. Poi quel ritrovo terminò, come sempre terminano questi ritrovi, gli amici si salutarono, si alzarono, e ognuno si diresse verso i fatti suoi, ognuno perso nei propri personali ragionamenti sul costo della pizza, l'alto costo della vita, o le avventure del sergente Keroro.

Tutti meno Licio. Visto che il suo lavoro principale era fare il pizzaiolo, per lui la pizza aveva costo zero, proprio come la sua graphic novel. In fondo era il suo privilegio.
Il privilegio della pizza.
E son soddisfazioni.