sabato 9 aprile 2016

Il limite ignoto

Alla fine non pretendevo tanto. Chiedevo solo un limite. 
Niente di troppo complicato. Qualcosa del genere, che potesse manifestarsi in tempi e modi differenti; talvolta é un semplicissimo stato mentale: due tra gli infiniti atomi che conpongono questo nostro universo, che invertendo la loro polarità causano piccole modifiche alla nostra vita.
Vi pare che chiedessi l'impossibile? Avrei avuto piu possibilità se avessi chiesto un pezzo di luna? Certo, a tutti noi puó capitare di lasciare il posto in bus ad un anziano, e scoprire che é Buzz Aldrin, e lui per ringraziarti ti regala il sasso che aveva per caso in tasca, un ricordo di una passeggiata lontana.
Invece temo proprio che le mie richieste siano finite sulla faccia nascosta di quel grigio satellite, assieme a Base Alpha e agli sguardi di Syd Barrett.

"La sua malattia," mi ripeterono i medici, otto mesi fa, "é possibile stabilizzarla, in maniera da permetterle di vivere la sua vita, di organizzarla per bene, e farla convivere con il disagio del male" (non dissero proprio le stesse parole, ma il senso era quello). Prendi due volte al giorno la tua pillola (bianca) di Riluzolo, e buona fortuna. Avrai sempre una Spada di Damocle sopra la testa, ma almeno per il momento é ben fissata.
Dopo qualche settimana dal mio ricovero in RSA a Cormons, per qualche giorno la stanza singola a fianco della mia ospitó una signora con una patologia simile; ne soffriva da anni, ci conviveva, e solo adesso era arrivata agli estremi. Era bloccata a letto, non aveva voce e da tempo una giovane e paziente badante si prendeva cura di lei. 

Ricordo ancora i suoi strilli quando la badante non c'era, acuti e continui, quelli di chi é abituato troppo bene a non saper aspettare.

Mi avevano lasciato capire che un giorno avrei potuto pure io trovarmi cosí. Ma "un giorno", non classificabile nel tempo; a questo servivano le mie sedute di fisioterapia, ad abituarmi a questa convivenza con quest'ospite non desiderato, a prepararmi per gli anni a venire. A sapere ancora scendere e salire quelle scale troppo ripide che avevo a casa. Fino a quando, un giorno e in una galassia lontana, non sarei piu riuscito a usarla.



Quello che non capirò mai é se il Riluzolo su di me abbia fatto effetto o no: aveva davvero rallentato il mio decadimento, o era inefficace perchè l'origine della malattia era un'altra?
Limiti? Macché. Via, correndo veloce verso la degenerazione, dove pure la mia pazienza ha dovuto rimandare il suo punto di rottura. Eppure continuo a sentire storie di altri malati che sono riusciti a conviverci, a vivere la loro vita; una gamba che si blocca, un ripetuto formicolio di un braccio o una lingua che passa dalle parole ai versi intellegibili. Segnali di allerta, e a seguire una vita vissuta con attenzione, potendo ancora fare un milione di cose.
Eppure dopo meno di un anno eccomi ad uno stadio simile a quello della strllatrice, prima le gambe e l'equilibrio, poi le mani, il collo, la voce, le gambe eccetera.
E poi, si, naturalmente esistevano i casi veloci, piu rari...

Come devo considerare la mia situazione? La realtà é che ci penso da molto, cercando una risposta che potrebbe non piacermi: ho avuto sfiga ad avere la forma "strong", oppure ho avuto qulo?
La forma "tipica" della malattia del motoneurone (o SLA, chiamatela come vi pare) ti lascia un po' di tempo. Ma la sua forma veloce (ho imparato) potrebbe essere curabile. Se si scopre un'origine genetica, una falla nei cromosomi del tuo DNA, non tutto é perduto. 

Per questo sono ancora qui. Sopporto i cambi letto, i cambi di turni di infermieri e operatori sanitari, il ripetere a tutti ció che posso o non posso fare, sforzando la mia non-voce a scandire le parole necessarie e spostando verso un limite ignoto la mia pazienza. Sopporto il trasferimento da Cormons (8 mesi, una vita intera) a Gorizia, "Perchè almeno se lei peggiora saremo piu preparati", i discorsi preventivi su ipotetiche intubazioni e nutrizioni forzate, e quindi sopporto anche tutte le difficoltà di ambientazione e comunicazione, cosí come le difficoltà crescenti a scrivere questi pezzi. Sopporto pure le peggiori di tutte: "Ah, cosi lei fa i fumetti? Ma é vero che usate gli stampini?"
Aspetto che a Milano completino l'analisi interminabile sul mio patrimonio genetico: mi ci aggrappo come un naufrago al suo salvagente. E mi distrae, dettaglio non trascurabile.
L'ultimo limite, finalmente capire se ho avuto qulo o sfiga.
Lo sappiamo bene tutti, solo i nostri desideri non hanno limiti.