domenica 24 febbraio 2013

Nove cavalieri dai tempi perduti

Il professor Medeot è stato il mio insegnante di Disegno da vero prima, ed Educazione Visiva dopo, in quattro dei miei cinque anni passati all'Istituto Statale d'Arte Max Fabiani di Gorizia, tra il 1978 e il 1983. Molto tempo dopo, quando era diventato vice preside e gli mancava qualche anno alla pensione, passai a trovarlo a scuola, iniziando una tradizione che si sarebbe conclusa solo dopo la pensione sua e di ogni altro insegnante che avevo avuto, privandomi definitivamente di ogni motivo valido per tornarci in seguito. Quel giorno vidi che su una parete del laboratorio teneva un pannello con 9 disegni. Me li indicò con orgoglio, chiedendomi se li riconoscevo. Eh sì, come non avrei potuto? Erano tutti disegni realizzati durante la mia frequentazione, da ragazzi e ragazze della mia classe. Vederli esposti così a vista fu un discreto colpo. Lui sostenenne che c'era anche un disegno mio, anche se io non ero riuscito a riconoscerlo. E mi spiegò che quel cartello era lì dall'anno successivo al nostro diploma.
"Ai miei studenti ho detto che li cambierò quando qualcuno di loro ne avrebbe ottenuto di migliori". E dopo 20 anni erano ancora lì, mai sostituiti. Quel giorno, mi venne il feroce sospetto che Ferocious Hacca avesse davvero vinto la sua battaglia.

A questo punto è ovvio che vi domandiate chi sia Ferocious Hacca, cosa c'entri con questa storia e come diavolo io l'abbia conosciuto.
A dire il vero sicuramente l'avete conosciuto tutti, almeno una volta nella vita. Ne ho la certezza. Perché Ferocious Hacca è ovunque. "Ma insomma, chi è?" insistete a chiedere.
E' facile: è un genio.
O meglio, ha la convinzione di esserlo. In cosa sia superiore alla massa, non è davvero importante. Pittura, disegno, musica, poesia, recitazione, corsa campestre, origami, potrebbe essere ognuna di queste, come anche nessuna. E questo risponde su come l'abbia conosciuto. Ne ho preso conoscenza piano piano, e me lo ritrovo davanti continuamente, ogni volta con un aspetto differente, dietro una faccia giovane o dietro occhi anziani, ma è sempre lui, che non riesce proprio a rimanere non visto nella folla.
Perché vedete, Ferocious è davvero convinto di essere superiore agli altri, di avere talento, ma non un talento normale, ma uno TANTO. Ma è anche convinto che non sia necessario dimostrarlo. A nessuno. Lui lo sa, e altro non serve.

Gli chiedete un ritratto? Un origami di elefante ricavato da un tovagliolo? Il monologo di Amleto? Sì, potrebbe fare tutto ciò, ma non ci prova nemmeno. Lui sa che ogni suo risultato sarebbe migliore di qualsiasi altra cosa fatta da chiunque. E' anche convinto che se ma provasse a darvi retta, a fare quello che gli chiedete, voi sareste sicuramente invisiosi, e non ammettereste mai la sua superiorità, gente meschina che non siete altro. Conosce quali potrebbero essere le vostre critiche:
"Questo origami di elefante sembra più un Dalek, quella sarebbe la proboscide?"
"E questo tu lo chiami un ritratto realistico? Sembra più un manga. Io non ho gli occhi a stelline."
"Guarda che quello non è Shakespeare, ma Jovanotti..."
Invidia, ingratitudine, non riconoscenza del suo genio, gran brutta cosa la cattiveria di chi lo circonda.
Per cui Ferocious Hacca NON vi mostra nulla del suo genio. Ma lui sa. E se siete fortunati, vi dispenserà anche buoni consigli, perché talvolta è generoso.

Voi fate un modellino in plastica? Lui vi darà consigli su come farlo meglio, senza sapere nemmeno che con la colla per polistirene non si può incollare il PVC. Cucini la pasta? Lui ci avrebbe messo il gluone mantecato e il ketchup anche se è un budino. Condisci l'insalata? lui saprebbe farlo meglio. Disegna una storia a fumetti? Non crede che serva il testo, e tutto ovvio di cosa voglia raccontare, anche se tu non capiresti mai che quei triangoli nel cerchio sono dei mercanti d'arte al museo del Louvre, con una lunga e dolorosa storia personale dietro le spalle.
L'insegnante gli chiede di disegnare? Non lo fa, preferisce osservare le evoluzioni dell'aria. E se prende un brutto voto, e l'insegnante che non lo capisce.
Ferocious Hacca ha vinto. Lo vedi guardandoti intorno. Tutti conosciamo qualcuno che è convinto che non serva dimostrare qualcosa. E se non gli credi, peggio per te.

Yes, io non penso in questo modo. Vedete, alle scuole medie avevo questa bizzarra convinzione di essere velocissimo in corsa. Quando correvo da solo e sentivo la forza del vento, mi sentivo il Re del mondo e nessuno era più veloce di me. E un giorno a scuola ci fecero fare i 100 metri piani nell'ora di ginnastica, sul campetto sportivo, e io arrivai terzultimo.
Avevo una convinzione, mi ero testato, e avevo visto che ero stato solo uno sborone. E quindi probabilmente non sarei mai stato nemmeno un perfetto uomo invisibile, e neppure il primo campione di Tennis ambidestro non mancino. Potevo dedicarmi ad altri obbiettivi. Non seguivo il metodo di Ferocious. Non si usava.

La mente corre, e facciamo un ulteriore salto di qualche anno, e arriviamo ad un altro evento collaterale, la Festa dell'Arte. Una manifestazione locale, in cui in una delle piazze minori della città, veniva concesso un pomeriggio agli studenti della scuola (la mia ex scuola) di esporre i loro lavori al grande pubblico, alla fine dell'anno scolastico. Quel giorno, di sabato, non c'era scuola, e nella piazza si sarebbe dovuta tenere una festa, con musica ed esposizioni.
Ci andai un anno, un passaggio distratto, e vidi dei gazebi colorati, e delle tele esposte (sezione pittura), molto tessuti dai disegni e colori spettacolari, (sezione arte del tessuto), statue e monili di legno e pietra (sezione scultura), modellini di edifici e particolari di mobilia in legno (sezione architettura), e diversi visitatori apparentemente interessati. Ma mi ripromisi di tornarci l'anno successivo, cosa che naturalmente scordai, dimenticandomi del giorno di fine scuola. E così per un po'.

Fino al giorno che ci tornai per un motivo preciso, e per un progetto legato al Punto Giovani locale, e nella primavera del 2005 mi ritrovai a disegnare con un amico nella piazza. Lo scopo era trovare degli artisti volontari per un progetto interessante, ma di cui parlerò un'altra volta ("Storia lunga e dolorosa è, giovane Skywalker", suggerisce il maestro Yoda), la Guida delle Gorizie.
C'erano ancora i gazebo, c'era ancora qualche lavoro esposto (giusto un paio), per il resto abbondava gente seduta e birra e musica, e qualche visitatore tranquillo.
La piazza era piena di studenti della scuola d'arte, ma volontari zero.

L'anno dopo me ne ricordai, e tornai a vedere, e fu subito chiaro che sarebbe stata l'ultima edizione. I gazebi non avevano niente esposto, i ragazzi sedevano e chiacchieravano, e fumavano, e qualcuno beveva birra, ascoltando il concerto di atroce musica rock, in cui sentivo solo il suono della batteria e poco altro, prova definitiva che l'amplificazione non era un'opinione. Di artistico non c'era rimasto nulla, a meno di non voler cercare un qualche schema creativo nella posizione delle lattine di birra vuote sul selciato.
Ferocious Hacca qui aveva ormai vinto. A nessuno interessava mostrare i propri risultati.
Immaginate un'olimpiade in cui nessuno parte per la finale dei cento metri: tutti sono convinti di essere i più veloci...

Eppure serve. Per evitare di credere di essere dei fulmini di centometristi, per capire quali sono i tuoi limiti, e se ci sono, dove lavorare per migliorarli. Per condividere i tuoi risultati con l'universo e tutto quanto, a capire quanto ti manca per raggiungere quel punto in cui eri convinto di essere già arrivato, o anche solo se hai qualche possibilità di arrivarci. Per avere un motivo vero per gasarti o essere sborone. E per spodestare quei nove, tra cavalieri e dame, che ti fissano da quel pannello sul muro della scuola, sfidandoti a fare di meglio.
Oppure hai paura di non essere quello che vorresti essere? Paura di non essere capace, di non essere in grado, di non sapere che fare? Paura di essere una persona come tutte le altre, senza particolari guizzi geniali? Paura che l'insegnante ti cazzi? E' poi così brutto? Devi sempre desiderare di eccellere? perché la società ti bombarda con le competizioni, con le sue gare e i suoi grandi fratelli? Perché la parte dello sconfitto ti terrorizza? E Ferocious Hacca ti fa sentire meglio.
Prova, dannazione. Fai un tentativo. Mostra quello che sai fare. E se vedrai che non lo sai fare come credevi, forse potrai scoprire che ci sono altre cose che saprai fare meglio.

Il quel pannello scolastico, il mio disegno (l'unico non firmato), credo sia il primo da sinistra della seconda fila, non ho molti ricordi al riguardo. Nella mia opinione, quello meno carino, più tradizionale.
Non ho idea se dopo la pensione del professor Medeot quel pannello sia ancora su quel muro, e se sia ancora valida la sua sfida. Ma se fosse così, e un giorno dovessi scoprire che uno di quei disegni è stato sostituito, avrò la prova che Ferocious è stato sconfitto, che c'è ancora speranza, e i cavalieri e le dame in grafite e matite colorate, infissi su quel pannello sono serviti al loro scopo.

Quel giorno brinderò.
Ma temo che Ferocious vorrà avere l'ultima parola e si farà vivo, giusto perché io non creda di essermi liberato davvero di lui; e temo vorrà suggerirmi un modo più comodo e intelligente di tenere il bicchiere per brindare. Perché sicuramente lui lo sà.

martedì 12 febbraio 2013

Le solite apparenze

Evento lontano numero 1:
Nel giorno di tale del mese di tal'altro di un anno che non ricordo, probabilmente nel 1994, mi ritrovai a Udine. L'evento era un incontro che si sarebbe svolto in una fumetteria, che in quel lontano momento non erano tante come oggi. Ero solo un appassionato di fumetti, uguale tra gli uguali, di quelli che girano le fiere ed i mercatini, pronti a farsi riempire il taccuino di disegni. Quel giorno Fumettolandia, la fumetteria dell'amico Bruno avrebbe avuto degli ospiti speciali, venuti apposta per l'occasione: Ade Capone, Emanuele Barison e Giulio DeVita, rispettivamente (all'epoca perlomeno) sceneggiatore capo, e due disegnatori del fumetto Lazarus Ledd, che all'epoca vantava il notevole record di essere il "bonellide" (cioè pubblicazione di altri editori ma nel formato classico Bonelli) di maggior diffusione e popolarità.
L'incontro andò bene, Ade venne  interrogato, interloquito e interrotto, subissato di domande dal pubblico  competente e attento, i disegnatori disegnarono, tutto come ci si immagina accada in questi eventi, rendendola una giornata piacevole da ricordare.
Io rientrai a casa con un disegno di Lazarus e l'autografo di Ade su qualche numero, e abbastanza gasato per l'evento.
Quella serie a fumetti continuò a uscire ancora a lungo, pur non raggiungendo mai vendite particolari, e chiuse solo a 21esimo secolo inoltrato, dopo oltre 100 numeri pubblicati.

Evento lontano numero 2:
Il luogo è sempre lo stesso, fumetteria di Bruno a Udine. L'anno è il successivo. Era un periodo positivo per il mercato dei fumetti. Nei negozi andavano forte gli albi Marvel americani originali, quelli Image e così via. In Italia l'edicola era in fermento, e solo poco tempo prima c'era stato il grande lancio pubblicitario del nuovo settimanale "L'Intrepido", rinnovato per l'occasione con anche (incredibile!) degli spot TV. L'evento aveva avuto il suo anno di gloria, per rientrare ben presto nella precaria instabilità dei fumetti cosiddetti "minori".
Ma una delle serie più popolari di quel settimanale stava uscendo adesso come nuova serie regolare mensile, per un altro editore. Questo nuovo incontro era con il suo autore Luca Enoch, che promuoveva la sua Sprayliz nell'originale (per l'epoca) formato "pocket" (detto anche tascabile, quello di Diabolik e dei neri anni '60/70). La folla era anche maggiore rispetto alla volta precedente, e anche questa volta l'ospite fu molto disponibile, e venne interrogato, interloquito, interrotto e intermezzato dal suo pubblico, competente e attento.
Io rientrai a casa con il mio albetto autografato e un disegno di una Sprayliz originale, soddisfatto.
Non altrettanta soddisfazione ebbe quella sfortunata serie, che chiuse entro il suo primo anno di vita, contribuendo a generare negli editori minori la convinzione che fosse TUTTA colpa del formato.

Evento lontano numero 3:
Il luogo è lo stesso, stesso il tipo di evento, ma gli anni passati sono di più. Siamo nel 2001, l'ospite questa volta sono io, passato ormai dall'altra parte della barricata, e tocca a me fare la promozione per la serie per cui lavoro, Jonathan Steele, uscita da poco con la Sergio Bonelli editore. Il tempo atmosferico non è favorevole, minaccia pioggia. E pioggia sarà, di quelle che ti fanno voglia di rimanere a casa a contarti le dita di una sola mano, ma solo nel pomeriggio, proprio nel momento dell'incontro.
 Io ero pronto ad essere cortese, a disegnare ed a venire interrogato, interloquito, interrotto, intermezzato e intervallato dal pubblico. Ero arrivato presto, avevo pranzato ospite in un ristorante i cui gestori erano appassionati di fumetti, e avevo lasciato in cambio un disegno sulla parete fatto con pennarelli e gessetti.
Quel pomeriggio però il pubblico non venne in massa. Se fosse rimasto a casa a contarsi le dita, anche di una sola mano (giusto per fare qualcosa) a causa della pioggia oppure avesse ignorato l'incontro così come ignorava quella serie a fumetti, non mi è dato sapere. Io disegnai per cinque persone, ma un disegno era per il titolare e uno per la sua ragazza, e a questo bisogna aggiungere che uno dei clienti era lì per il precedente Marvel evento, e pioveva e non aveva l'ombrello e allora era rimasto. Per cui un disegnino lo meritava anche lui, se avesse voluto, e infatti volle.
Rientrai a casa un po' deluso, ripetendomi (illuso) che sarebbe andata meglio la volta successiva.
Jonathan continuò ad uscire per molto tempo, chiudendo la sua prima serie molto tempo dopo, e dopo molti e molti numeri.


Tre eventi, stesso luogo, tempi differenti. Pubblico ottimista, entusiasta e indifferente, nell'ordine.
C'era qualcosa da imparare da quell'evento? Qualche tipo di insegnamento da poterci ricavare?
Sì, in effetti c'era.
Primo fatto: al momento in qui erano avvenuti quegli incontri, Jonathan Steele vendeva più delle altre due serie: più di Lazarus (pubblico ottimista) e più di quell'edizione di Sprayliz (pubblico entusiasta).
Secondo fatto: in seguito mi capitò di vedere in diverse fiere di fumetti, incontri col pubblico di autori di personaggi popolari e ben venduti con poca gente, e incontri con serie nuove che avrebbero chiuso di lì a poco con la sala piena di folla. Come si dice, due volte è un caso, ma tre è un complotto.
Insegnamento: la quantità di pubblico ad un'incontro non andava considerato come un evidente segnale del successo di una serie (pioggia permettendo). O almeno, non sempre.

Mai dare per scontato che tanto pubblico che partecipa ad un evento per un personaggio a fumetti voglia anche dire che quel fumetto venderà moltissimo. Le due cose non sono necessariamente collegate.
Apparentemente c'è una legge che regola il tutto, la regola che indica i comportamenti del lettore di fumetti medio. Sorry folks, ma una considerevole percentuale dei lettori che reggono per davvero le sorti di una serie non hanno le abitudini che il lettore di fumetti medio può considerare indispensabili in un lettore di fumetti medio.

Postulato della legge dell'apparenza:
Il vero lettore medio non esterna la propria passione; non parla di fumetti; non partecipa alle fiere di fumetti, o agli incontri con gli autori; non scrive alle redazioni per fare i complimenti a tizio ed a caio; non frequenta i forum di fumetto o le mailing list; non scrive sulle pagine facebook dei personaggi a fumetti; non partecipa ai sondaggi telematici sui fumetti. E forse non è mai entrato in vita sua in una fumetteria. 
Ma è quel lettore silenzioso a reggere veramente i destini di una pubblicazione. Il lettore che non fa proprio nulla, a parte leggere quel fumetto, e vivere il resto della propria vita, piena di altra gente e altri giorni.
Tutto il resto è apparenza.


Ecco. Ancora adesso ignoro se tutta quella folla a certi incontri non fosse (e sia anche oggi) composta sopratutto di parenti e amici dei disegnatori o dei redattori, o da ragazzi che cercavano (e cercano) solo un posto per sedersi.
Quando oggi ripenso ai discorsi degli appassionati entusiasti degli anni '90, ci vedo molte cose in comune con il popolo dei frequentatori dei forum di oggi, con gli esperti da fumetteria, e mi sembra che tutt'ora continui a mancare quel collegamento diretto. E penso che si rischia di continuare a cadere in quell'equivoco, nel pensare che tante discussioni nei forum vogliano dire tanto pubblico pagante, che tanta gente in fiera in fila per un disegno significhi tante vendite mensili.
Quando poi vieni a sapere i dati di vendita di quella serie che è finita un anno fa, o di quella che usciva tempo prima, e ricordi tutte le discussioni e le pagine e pagine nei forum, le interviste agli autori nei siti e sulle riviste, e ricordi la fila di appassionati che hai visto a Lucca, a Milano o a Mois Eisnes, e devi arrenderti all'evidenza che la legge dell'apparenza è sempre maledettamente valida. E scoprirlo non ti fa mai piacere.
Perché conosci parte della gente che lavora lì o lavora là, sai cosa provano in quel momento in cui arriva la telefonata che dice "Stiamo andando male, si chiude."
In questi momenti, ho la segreta speranza che di tutto questo se ne accorgano anche altri, che questa non sia solo una riflessione solitaria di un disegnatore che aggiorna il suo blog, che ha capito questo il giorno che ha fatto un solo disegno per pochi fortunati, nel pomeriggio successivo ad un marvel-evento. Forse - proprio forse - c'è bisogno di vedere le cose da questa prospettiva, perché forse se hai sempre i 20 appassionati che vogliono il disegnino, magari non ti viene minimamente in mente. "Altra gente, altri giorni," ricorda.

Ci speri, caro Jack, tu ci speri davvero, non è così? Che della cosa se ne accorgano anche altri?
Non ti viene in mente che forse hai torto marcio, che hai solo rancore perché quellavolta non hai avuto pubblico? Bè, tu continua a sperarci, non essere tu a dare per scontato che non accadrà mai.

E io cosa ho detto? Se succede Due volte è un caso, alla terza è un complotto, ma alla quarta proprio è una cospirazione!
Mai dare per scontato nulla. E intendo proprio nulla. E intendo proprio MAI.

A questo punto so cosa vi state chiedendo. Dopo tutto questo discorso, a voi in realtà interessa solo sapere di quel disegno che feci sulla parete del ristorante (conosco gli appassionati).
Se non l'hanno nel frattempo imbiancato, è possibile che sia ancora là.
Sempre che altra gente e altri giorni non l'abbiano sostituito.