sabato 28 novembre 2015

Il duro lavoro del sognatore



"La città vera e propria iniziava da via Santa Chiara, dopo il ponte sopra la valletta del Corno. Da lì, guardando in lontananza verso viale XX settembre e oltre, verso il fiume Isonzo fuori vista in fondo, era tutto differente.  
Predominava il tono marrone, in tutte le sue tonalità, forse anche per via dell'autunno, ma sicuramente per la terra bruna e i suoi sassi, interrotti da cespugli di rovi disseminati lungo i lati della strada, ora diventata sentiero, e fino a perdita d'occhio. Un po' come le strade di campagna lungo l'Isonzo, se ti incammini in direzione di Salcano.
In lontananza potevi vedere degli alberi, in corrispondenza del parco Coronnini a destra, e il boschetto della valletta sull'altro lato, ma non quelli di oggi: questi parevano tornati ad uno stato selvaggio, come se fate ed elfi avessero ripreso possesso delle loro antiche proprietà.

Di tutti gli alberi del viale, ne rimaneva uno solo, sulla destra del sentiero, ma enorme. Non era uno degli usuali ippocastani, ma piuttosto una quercia nodosa, bassa, larga di base e con grossi rami spioventi in ogni direzione, e irregolarmente simmetrica in alto. Si trovava a circa ad un centinaio di metri da te, poche foglie alle estremità dei rami più sottili. Oltre puoi solo intuire che ce ne siano anche altri, fino a chissà dove. Un po' come in un celebre paesaggio di Renoir, ma questa volta monocolore.
L'erba bruna irregolare ricopriva la superficie che tu ricordavi come marciapiedi, per cui pensandoci ora sei combattuto se questo sia stato il risultato di un dopobomba o un'apocalisse zombie, e non piuttosto un ritorno all'era paleolitica. Diresti la prima, ma l'assenza totale dei lampioni o dei loro scheletri ti convince della seconda.

Oltre il ponte, venendo da dove ti trovavi tu, nulla pareva cambiato, ma meglio non farci troppo affidamento, visto che tu eri anche in piedi e senza bastone. Ma non eri preoccupato di quello che vedi, quanto piuttosto indifferente a quel paesaggio mutato, e questo faceva parte della logica dei sogni."

Adesso lo sai, hai capito che é stato un sogno che hai fatto qualche notte addietro; uno di quelli che fai spesso, con posti impossibili e gente improbabile, in cui cammini senza aiuti esterni (e ti pareva se era vero), fai e dici cose assurde, vai in giro e ti perdi da qualche parte (una costante...). Era il Viale, strada che conosci molto bene, che osservavi da oltre il ponte. Lo avresti percorso, nel sogno lo hai fatto di sicuro, mentre vedevi gente e facevi cose.
Chiaramente la scena si svolgeva nella mia città, quindi é molto probabile che se leggete tutto questo e non conoscete Gorizia, i miei riferimenti non vi aiutino. Pazienza. Tu stesso comunque non ricordi nulla, perché lo hai scordato, come sempre.
Li hai tutti scordati i tuoi sogni, subito appena aprivi gli occhi. Solo talvolta ricordavi qualcosa, almeno per qualche minuto: una persona, un'azione, o un posto, come oggi. Ma appena volgevi lo sguardo su qualcosa di reale, tutto il resto svaniva.

Se dopo ore e giorni ancora lo rammenti, qualcosa forse lo devi fare.
Quindi ti fai un appunto, e poi ci pensi sopra. Un solitario soliloquio, un silenzioso dibattito tra te stesso e te. Oppure, se l'immagine é così nitida, cerchi di disegnarla. E se non puoi disegnarla (fanqulo) perché la mano non ce la fa proprio a seguire il tuo volere, allora provi a descriverla a parole, come se la stessi disegnando.
Se la tua mente lo considera importante, non puoi ignorarlo.

Bene. E ora che lo hai fatto, che accade?
Puoi riflettere, per esempio. Cerchi qualche altra valida spiegazione, per motivare il tempo che gli hai dedicato fino ad ora.
Forse il segnale della mente non é il sogno in se stesso. Mi piace pensare che qualche parte del mio inconscio voglia che io sia cosciente di poter sognare. E non é poca cosa.
Fino a che continuo a sognare vuol dire che esisto. Che continuo a occupare ancora un posto in questo puntino blu che chiamiamo mondo, e me lo tengo stretto.
E questo é sempre importante.

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