sabato 26 maggio 2012

"Certe cose fanno più male che non ragazze ed auto..."


Nel 1977 esce abbinato alla rivista Panorama (Mondadori editore) un volumetto speciale spillato, supplemento della collana popolare di gialli di spionaggio Segretissimo, stesso editore. Rimarrà l'unica volta che Ian Fleming appare in questa collana.
Devo ammetterlo, in realtà io del 1977 ricordo solo che facevo le scuole medie, che Niki Lauda correva ancora con la Ferrari, e che Guerre Stellari era appena uscito al cinema. Dell'esistenza di questo albettino spillato venni a conoscenza solo dopo molto tempo, a metà anni '80, quando già avevo cominciato la collezione dei libri di Ian Fleming, perchè i film di 007 mi piacevano, e accorgendomi subito che le storie erano diverse da com'erano nei film di Roger Moore, ma comunque ne ero rimasto piacevolmente sorpreso. E l'albettino lo recuperai solo in quel periodo, trovandolo per caso su una bancarella dell'usato, di cui ero già un agguerrito frequentatore. Aveva un pezzetto della copertina stracciato e mancante, ma lo conservai fino a uno integro (ma con copertina un po' più consumata) per sostituirlo, ma alla fine li tenni tutti e due, con la loro classica ed elegante illustrazione del grande Carlo Jacono. Conteneva uno dei racconti di Fleming, già apparso anche su uno speciale numero antologico di Segretissimo.

Stavo meditando di compilare una lista dei libri di 007, avevo già incominciato, giuro. Volevo fare una cosa illustrata, indicando le edizioni. Ma la lista che mi feci anni fa non veniva fuori, e non avevo voglia di prendere fuori tutti i libri e ricontrollare. Prima o poi colmerò questa lacuna, ma per il momento passo.
Però la voglia di fare una carrellata sulle copertine dei libri di James Bond rimaneva.
Vado in rete, metto il nome dell'autore, e si aprono decine di immagini delle infinite e variabili edizioni mondiali di Ian Fleming (andate qui se siete curiosi come spero).
L'immagine di copertina è sempre stata importante. Per dei romanzi che raccontano di agenti segreti e belle donne, di villain spietati e auto di lusso, con Casinò, Dom Perignon e sesso sottinteso (siamo negli anni '50, ricordate), una cover accattivante era d'obbligo. Gli anni passavano, ma nei paesi anglosassoni le dedizioni si susseguivano, variando continuamente di grafica e colori, ma promettendo intrattenimento, e mistero, e azione, e belle donne.


Lo ammetto. Guardandole ti viene voglia di leggere quei libri che rivestono, per individuare quelle scene esotiche e accattivanti, come da regola dei romanzi d'avventura. "Mostrami cosa contieni" domanda il lettore indeciso, e il libro gli risponde..
Prendiamo il primo libro, per esempio. Tutto incomincia con Casino Royale, nel 1953. Col tempo diventa un classico, anche se bisognerà aspettare i film perchè esploda davvero, nei primi anni '60. Ma da quel momento avrà diverse pubblicazioni in giro per il mondo, e la copertina sarà sempre lì, a promettere avventure esotiche in giro per il mondo, e mistero, violenza e azione.


Grafiche spettacolari, dove il nome dell'autore e il tutolo variano di dimensione e colore, ma sempre con immagini a tema, a promettere un contenuto che saprà intrattenere il lettore.

Okay, ma da noi? E in Italia? Che ne è delle edizioni Italiane? Vediamole un po'...

Una delle prime edizioni di Ian Fleming è nella prima serie dei Gialli Garzanti, volumetti pocket simili ai Gialli Mondadori come spessore e carta. Copertine accattivanti, grafica elegante, riferimenti ai film come se piovesse.


Ma i libri promettono bene, la serie decolla, ed ecco l'anno seguente una nuova pubblicazione, in volumetti cartonati di formato sempre tascabile e con sovracoperta illustrata, nella collana R', sempre Garzanti. Una collana di libri dedicati al giallo, che alterna anche Mickey spillane, il Simon Templar di Leslie Charteris e molti altri (senza dimenticarci del grande Len Deighton).
Grafica uguale per tutti, cover con il viola predominante (non veniva mai due volte dello stesso colore) e banda gialla, e nel mezzo una composizione alta e stretta, foto o disegno. In alto è indicata la serie, in basso autore ed editore (in giallo) e titolo in bianco. Bella ed elegante.


Nel 1972 parte una nuova serie dei Gialli Garzanti, e Ian Fleming ne è uno dei protagonisti. Brossura, copertina gialla, e due occhi sinistri stilizzati in alto. Nome autore in grigio, titoli a colori variabili, che si intonano con l'immagine: un disegno o una composizione fotografica, suggestiva e piena di promesse. Questa è una delle serie che si trovano ancora in giro cercando sulle bancarelle. Ed è una delle poche edizioni integrali disponibili.


Alcuni ristampati in altre collane dello stesso editore, altri raccolti in grossi Omnibus, viene pubblicato pure quel Traffico di diamanti che altri non è che un libro inchiesta in cui Fleming descriveva parte della documentazione raccolta per Una cascata di diamanti.
Poi per qualche anno non accade nulla, e bisogna aspettare circa il 1986 (quanti di voi dovevano ancora nascere?) per avere un'altra edizione integrale economica (almeno credo fosse integrale), questa volta negli Oscar Mondadori. In copertina disegni del grande Ferenc Pinter, ispirate ai film. Grafica accattivante, colore predominante e banda nera, con il titolo in bianco. A dominare è il nome dell'autore. Affascinante, come direbbe il signor Spock.


Questa è ancora una delle edizioni più facili da trovare, come per i Gialli Garzanti.
Passano ancora gli anni, e nulla di nuovo sotto il sole, bisognerà aspettare che arrivi il 1997 (circa), quando in un paio d'anni l'editore Teadue ripropone ancora una volta i libri di Ian Fleming. Stesse traduzioni Garzanti, grafica un po' meno spettacolare, con disegni anche qui ispirati ai film, ma dopo Ferenc Pinter è difficile essere all'altezza. A dominare è il nome del personaggio, ma quello dello scrittore è in bianco su nero, in alto, comunque ben visibile. E tutto sommato la grafica mantiene le promesse e ci grida: "Qui troverete azione, azione, azione!"


Ma questa è integrale? Temo di no, ma non ho mai avuto il tempo di controllare. Questa è l'edizione che staziona in libreria all'inizio del nuovo secolo. Come lancio promozionale nove libri vengono venduti abbinati al quotidiano Il Giornale, cartonati e con sovracopertina fotografica (dai film, tanto per cambiare).
Poi il tempo riprende a correre, il mondo a girare, i bambini a crescere.

E' arrivato il momento di avere una nuova edizione. Viene annunciato che Guanda pubblicherà nuovamente Ian Fleming, ma questa volta con delle traduzioni del tutto nuove. Un libro viene inserito nel 2004 nella collana Le strade del Giallo del quotidiano Repubblica, una serie che propone in grande formato alcuni dei classici del giallo e del thriller. Un romanzo solo, ma in compagnia di altri grandi nomi del thriller, e poi è un formato bello grande. Copertina fotografica, come tutte quelle della collana, con una banda colorata sopra un dettaglio. Elegante.

Sempre nello stesso anno ecco arrivare nelle librerie finalmente i volumi Guanda. Certo, io ho tutta la serie nelle edizioni Garzanti recuperata su bancarelle nel corso di tanti anni, ma ho amici che l'aspettano con ansia, perchè non riescono a mettere le mani sul volume che ha meno edizioni in assoluto, quel L'uomo dalla Pistola d'oro, che essendo l'ultimo in ordine cronologico, nelle edizioni più recenti veniva spesso dimenticato, poiché la serie si interrompeva prima.
Dopo tutte queste colorite edizioni ti domandi cosa si inventeranno i grafici questa volta, come renderanno accattivanti dei romanzi un po' datati ma sempre affascinanti? Quali squilli in copertina verranno utilizzati per accattivarsi l'attenzione del pubblico? Cosa vorrà gridarmi la copertina, quali promesse sussurrerà nelle orecchie dei potenziali lettori, per convincerli a comprarlo?
Poi finalmente esce, lo vedi, e capisci che hai fantasticato a vanvera per tanto tempo.


Se questo fosse un mondo perfetto, mi piace pensare che avremmo anche noi delle copertine piene di Girls, Cars & Guns, che promettono pericolo e mistero, violenza e azione e morte. Ma evidentemente non è così.
Il lettore non ha sentito nessun sussurro arrivare dalla copertina. E magari esce dalla libreria ancora con i suoi soldi, o con l'ultimo volume di Dan Brown.
L'ultimo volume di Guanda è del 2006. Da allora più nulla. Niente riedizioni, nemmeno nell'occasione del lancio mondiale del film Casino Royale, magari con una sovracopertina col poster cinematografico, e qualche squillo cubitale che gridi "Qui troverete violenza, sesso e azione, accorrete!!".
Nulla. Niente squilli, niente promozione. E dopo poco meno di una mezza dozzina di libri,la serie è ancora ferma da qualche anno (almeno sei), e ormai dubito fortemente che i miei amici riusciranno a completare le loro serie.
E io avrei voglia di dire che non bisognerebbe mai giudicare un libro dalla copertina. Ma in realtà riesco solo a pensare che ci sono davvero cose che fanno molto più male che non ragazze e auto.

PS: A entrambi gli amici ho procurato io L'uomo dalla Pistola d'oro, in due diverse edizioni Garzanti tascabil. Una buona azione almeno l'ho fatta, e il cerchio si chiude.



lunedì 21 maggio 2012

I Dannati del Pianeta Maledetto


Oggi piove, senti come piove. Ma ieri il sole aveva pure scaldato, e si riusciva a uscire con la maglietta, cosa impossibile oggi. E due giorni fa avresti detto che era estate, tanto era il caldo.
Ma siamo in primavera, la folle e capricciosa primavera del 2012. E ormai mi aspetto il vento, anche una nuova ondata di gelo, come se qualcuno che ha le mani sui comandi dell'universo ci stesse testando con una prova antistress. O un sergente istruttore stesse addestrando dei Navy Seal, sottoponendoli ad ogni angheria gli venga in mente, per forgiarli.
Ecco, pensi a questo guardando fuori dalla finestra. E se dopo le inondazioni e lo tsunami, senti che arriva anche un terremoto, ecco che quel sospetto paranoico torna a fare capolino.
Guardo in strada, vedo le piante e gli alberi, che già avevano messo i fiori, convinti dell'arrivo della bella stagione, e me le immagino a resistere, a battersi contro le armate del generale inverno, per conquistarsi il loro diritto all'esistenza. 
"Al fine di avere un prodotto migliore", dicono le pubblicità delle auto, mostrando con orgoglio i manichini delle prove anticrash. Io mi guardo intorno, e talvolta - ma solo per qualche breve secondo, il tempo di scartare l'idea come cavolata - ci penso, e mi domando se non debba sentirmi come uno di quei manichini. Capita solo a me?

No, già qualcun altro ci aveva pensato. Alan Dean Foster, un bravo scrittore di Fantascienza, che nel 1991 scrive uno di queli libri che lasciano il segno, nonostante tutto: nonostante non sia parte di uno dei suoi cicli più famosi, come quello del Commonwealth e di Flinx, e nonostante da noi rimarrà un caso isolato.

"Perché quel libro ti viene in mente guardando la pioggia, sentendo del terremoto e guardando le piante combattere?", domanda il solito lettore curioso, che si aspetta la mia rapida risposta (o che io mi illudo voglia).

L'idea principale del libro era estremamente semplice.
In una vasta zona dell'universo si è formata una confederazione di razze senzienti, gli Amplis. Ma l'altra metà delle razze senzienti è sotto l'influenza della Trama (the Waves). E la Trama non vuole la pace, ma la guerra. Ed è quindi guerra senza pietà, ormai da millenni. Inesorabile, apparentemente senza fine, in cui pacifici esseri extrraterrestri sono costretti a battersi, contro ogni loro etica, per salvare il proprio diritto di esistere.
L'unica speranza per non perdere è continuare a cercare nuovi alleati, unire altre razze senzienti nella battaglia, al fine di non perdere la guerra, e con essa ogni speranza di un futuro migliore.

E un bel giorno, un'astronave degli Amplis arriva sulla terra. E analizza il pianeta.
Geologicamente attivo.
Con più di metà superfice ricoperta dalle acque.
E come se non bastasse pure con un enorme satellite naturale, talmente vicino da non poter evitare di subirne la sua influenza. Con climi variabili dal freddo più intenso al caldo più soffocante, e condizioni meteorologiche impazzite, senza controllo, capaci di scatenare piogge torrenziali o venti senza fine. E maree, e terremoti così come ogni possibile calamità. La prima domanda degli alieni è scontata:
"Come ha fatto una civiltà a sopravvivere in un inferno simile??!!"
Già. Perché pare che con queste caratteristiche non esista un altro pianeta conosciuto che abbia dato l'origine ad una razza senziente. Siamo un caso unico.
"E che razza di esseri viventi ne verranno fuori?" è la seconda domanda.

Comincia proprio così. E se fossimo davvero un pianeta unico? Con creature viventi che sono sopravvissute ai terremoti, alle catastrofi climatiche, alle maree, l'influsso della luna, forgiati da un'immaginario test antistress naturale chiamato Terra, e proprio per questo perennemente irascibili, facilmente litigiosi, sospettosi, perfettamente a loro agio nelle guerre, sempre in corso? Se tutto ciò che noi siamo convinti di poter e sapere fare, come inventare, creare, vivere pacificamente, fosse solo una debole forma di autocontrollo? Se l'unica cosa che sapessimo fare è fare la guerra? Al punto da potere essere i migliori guerrieri della Galassia?
Riuscirà il primo essere umano contattato, da bravo e pacifico umano medio, a convincere gli alieni che no, si sbagliano, perché l'uomo è tendenzialmente buono, e non muore dalla voglia di battersi?

Guerra senza fine, di Alan Dean Foster. Uscito una volta sola, come numero 235 della collana Cosmo Argento dell'editrice Nord. Uscito in libreria in un periodo in cui in quella collana uscivano (quasi a ritmo mensile) tra i migliori romanzi di fantascienza pubblicati oltreoceano. Con l'unico appunto che la grafica di copertina poteva recuperare un po' meglio la composizione originale.
Ma questo (ti pareva che c'era una sorpresa, no?) è appunto solo il primo libro della trilogia dei Dannati (The Damned). Composta da tre libri, A Call To Arms (1991), The False Mirror (1992) e The Spoils of War (1993), rimane a tutt'oggi inedita nella sua completezza, ma chi segue il genere fantascientifico da libreria sa bene che non è un caso isolato.

Ma una volta le collane di genere prosperavano nelle nostre librerie, e quindi potevi ancora trovare gioielli simili, magari in ristampa. Quando ancora esistevano delle collane librarie etichettate Fantascienza, confinate nel loro spazi angusti, quando tutti avevamo più tempo libero per leggere qualcosa.
Ma oggi le etichettature non vanno più di moda, e nemmeno certe ristampe, per cui la vedo dura di vedere il ciclo completato, un giorno. In libreria, negli spazi dedicati ai generi (Fantascienza e Fantasy) trovi solo le ristampe dai titoli (variabili e incredibilmente creativi) di Philip K. Dick, o i cicli completi di Isaac Asimov, e poco altro. Niente da fare, non riusciamo a essere creativi in libreria. Forse hanno davvero ragione gli Amplis.
Forse come esseri umani siamo davvero capaci di fare solo altro.

martedì 15 maggio 2012

L'insostenibile leggerezza dell'ultima parola

Mi rendo conto che ogni tanto ho una metà oscura che mi sussurra cattivi comportamenti nell'orecchio, che mi invita a rompere le regole, a reagire sbattendo il pugno ogni volta che vedo un'ingiustizia. Ma invece di reagire di fronte ai massimi sistemi, mi scappa di farlo nelle piccole cose di tutti i giorni. Questo basterebbe a definirmi un rompiscatole da una parte non troppo vasta dell'universo, e un pericoloso concorrente per le Pigne in Qulo.
Poco male, in fondo riesco in questo modo a dimostrare di avere sempre l'ultima parola sulla mia personale metà oscura.

Questa volta tocca ad un malessere che non riuscivo a mettere a fuoco da tempo, e che solo negli ultimi giorni ho finalmente indentificato. E' quella fastidiosa sensazione di insistenza che trovi nelle discussioni con i conoscenti o con gli estranei, ma che riesci a identicare solo dopo averla vista ripetuta anche in rete, nei forum, sui social network, a dimostrare che il pericolo è davvero là fuori.

Facciamo il nostro solito esempio colorito.
Romolo interviene sul forum dei Re di Roma (o il loro equivalente di facebook, il mezzo non ha importanza), dicendo che gli piace la marmellata di ciliegie.E' una semplice affermazione di gusto, di piacere.
Numa Pompilio interviene dicendo che anche a lui piace molto la marmellata di ciliegie (o gli piace un fumetto, o un film). Tullio Ostillio pure lui concorda subito dopo, ma ci tiene a precisare che troppa può fare male, e in fondo quella di fragole è meglio.
A questo punto interviene Bruto, che precede un grosso punto esclamativo con l'affermazione "A me non piace affatto".

Romolo, che è un pignolo, interviene nel suo stesso post, dicendo che si, è possibile che a qualcuno non piaccia, ma a lui piace, e quindi la cosa non lo turba. Anco Marzio e Tarquinio Prisco seguono a ruota pure loro, dicendo che anche a loro piace la marmellata, ma disquisiscono sulla scelta del gusto del fumetto (volevo dire della marmellata). A questo punto interviene di nuovo Bruto, per dire che a lui non piace. Tullio Ostillio, che è un tipo molto precisino, analizza filologicamente la frase iniziale di Romolo (tesi), lo stesso con la frase di Bruto (antitesi) e arriva ad una conclusione (sintesi), non trovando motivi di discussione perchè è possibilissimo che quel film (pardon, la marmellata) non piaccia a qualcuno mentre a qualcun'altro si. Tarquinio il superbo irrompe a questo punto nel post, contestando che si contesti un'affermazione. Poi interviene di nuovo Bruto, per dire che a lui quella serie TV (sorry, intendevo dire la marmellata) non piace. Numa Pompilio segue a ruota, chiedendo perchè mai Bruto continui a dire una cosa già detta. Bruto risponde che a lui semplicemente la marmellata non piace affatto.

A questo punto interviene Seneca, che spacca il capello in quattro e filosofeggia su cose ed esseri.
Se Romolo avesse detto una cosa assoluta, per esempio "Il sole sorge ogni mattina", allora una contestazione di qualcuno che dice "No, non è così" sarebbe intollerabile. Ma trattandosi di opinioni di gusto personale, ognuno ha il suo, una discussione su tale argomento potrà anche svolgersi, ma sarà inutile, perchè il presupposto finale sarà quello di riuscire a fare cambiare opinione a qualcuno che è già convinto del contrario.
Naturalmente non finisce qui. Interviene di nuovo Bruto, per dire che a lui non piace la marmellata, e che non riesce a capire come possa piacere, con tutto quello zucchero, tutto quel colore, quel gusto dolcissimo, e la consistenza marmellosa. E aggiunge ben tre punti esclamativi alla fine.

Servio Tullio è pure lui pignoloso, si è limitato finora a leggere senza intervenire, ma ora entra in campo, seccato, sostenendo che è proprio il fatto che sia dolce, colorata e marmellosa che la rende gradevole, anche se gli lascia le dita sporche di inchiostro (volevo dire di zucchero).
Bruto risponde, per dire che comunque a lui non piace quel fumetto (cioè, la marmellata), sopratutto perché è così marmelloso.

Tarquinio Prisco non si da per vinto, e spiega in un lungo ed articolato intervento che gli porta via 20 minuti di vita, tutti i motivi per cui la marmellata fa bene, e quindi rivendicando il suo diritto logico di farsela piacere.
Romolo interviene ancora, invitando a moderarsi tutti, perchè questo gran parlare ha superato ogni possibile previsione iniziale. E sopratutto, domanda a Bruto perché mai gli interessi dire a tutti che a lui la marmellata non piace? Lui gli risponde subito, rivendicando il suo diritto di dire che la marmellata non gli piace, che fa male, che non gli piace, che è marmellosa, che non gli piace, che è troppo zuccherosa, e che sopratutto NON GLI PIACE, così, semmai non fosse chiaro.

Risultato? A partire da Romolo si stufano tutti, a parte Bruto, e abbandonano la discussione.
A questo punto interviene il moderatore, Cesare, che cazzia tutti e chiude la discussione.
Ma Bruto comunque interviene dicendo "E comunque a me la marmellata non piace!". L'ultima parola deve essere sempre sua. Che non si dica mai che la marmellata è buona. Perchè non sia mai che un occasionale lettore o un passante possa percepire che qui (o là, o ovunque) predominino gli adoratori della marmellata. Che sia chiaro per tutti che c'è un'accesa opposizione. E magari cambia anche il tono di voce ogni tanto, che non si capisca mai che è uno solo contro dieci.

Qualcuno si limita a farmi notare che Bruto semplicemente rivendica il suo diritto di dire che la marmellata non gli piace. E che questo non vuole dire obbligatoriamente che sia un dipendente della fabbrica di cracker salati al gusto di cipolla, pericoloso concorrente della marmellata dolcissima e marmellosa e zuccherosa. In fondo non è come quei disturbatori che nei comizi politici fischiano per disturbare. Lo sopporti, prima o poi si stuferà.

Certo, poi c'è l'ipotesi che Bruto sia favvero un cospiratore (non deve essere necessariamente anche un rettiliano), che saprebbe tramare anche contro lo stesso Cesare, e che quindi farebbe bene a stare attento, in futuro. Sopratutto alle idi di Marzo.

Ecco qui, fine della metafora (oggi sono davvero troppo distratto... volevo dire l'esempio). A quali conclusioni si può arrivare?

Può una conversazione sulla marmellata, su un fumetto o una serie TV arrivare a simili estremi? Purtroppo si, l'eventualità è davvero dietro l'angolo. Ovunque ci sarà sempre un Brutus pronto a dire come la pensa lui. E a cercare di avere l'ultima parola.
Come si risolve? Isolando e ignorando i commenti/opinioni/opere di Bruto? Arrabbiandosi e passare così dalla parte del torto? Fingere indifferenza? Achitettare elaborati giri di parole per confonderlo?
O forse solo tirando di Fioretto?

mercoledì 25 aprile 2012

Pane e Gommapane


Mariolino avrebbe voluto davvero fare il fumettista. Ma tra una cosa e l'altra gli insegnanti, la famiglia, la ragazza, così come qualche disegnatore professionista - anche se non necessariamente in quest'ordine - infine lo convinsero del contrario. E lui lasciò perdere. Oh, non che fosse stata una decisione così difficile, a dire il vero lui non sapeva poi disegnare benissimo, ne' sapeva scrivere bene, anche se aveva un grande entusiasmo e adorava i fumetti. Ma si può anche essere appassionato della Ferrari e non per questo desiderare di guidarla da campione, per cui si rassegnò.
Fu così che decise che avrebbe avuto un lavoro sicuro, uno di quelli che - potevi starne certo - cadesse il mondo, ci fosse la crisi delle crisi o arrivasse l'avvento di Skynet, lui avrebbe continuato a lavorare, senza interruzione. Ne' impiegato delle poste, ne' operatore di un Call-Center e nemmeno operaio specializzato: lui avrebbe fatto il panettiere.
Nulla a che fare con i fumetti, che avrebbe così dimenticato, arginandoli nella parte della sua testa dedicata ai Ricordi Piacevoli del Passato. Si, non sarebbe stato il massimo, ma nella vita bisogna prendere decisioni difficili. E il pane è qualcosa che l'uomo chiederà sempre. Così la sua vita venne segnata, e cominciò a seguire la via della farina e del lievito.
Imparò a fare il pane, e aprì la sua piccola panetteria artigiana, incominciando a vivere del suo lavoro.

Ora, come succede spesso in questi casi, dopo un po' si creò una clientela affezionata e regolare, ma per uno di quei casi imperscrutabili e bizzarri che ogni tanto ci tira il destino (e anche perché questo è un blog dedicato ai fumetti), capitò che tra questi clienti un giorno finì un editore di fumetti. Che si trovò bene. Che trovò il suo pane ottimo, e ne fu soddisfatto, e tornò ancora nei giorni successivi. Arrivava nel negozio, salutava cortesemente Mariolino, sceglieva il pane (dei panini al latte) e pagava alla consegna, andandosene soddisfatto, e lasciando un buon imput a Mariolino. Così la sua panetteria diventò - malgrado le sue intenzioni - argomento di discussione tra i fumettisti. "Ma sapete che buon pane che produce Mariolino?" diceva l'editore parlando con amici e conoscenti appena ne aveva l'occasione, generando curiosità nei colleghi (o almeno quelli che si ritenevano tali).

Si sa che la gente tende a emulare, a seguire le tracce lasciate dai primi esploratori, e questa vicenda non fa eccezione. Per cui nei giorni successivi altri editori di fumetti decisero che pure loro volevano servirsi dei servigi di Mariolino, che pure loro dovevano avere quel pane prezioso, e seguire la via del successo come il primo editore aveva fatto, seguendo le sue mosse passo per passo.

In un bel mattino di sole si presentò in panetteria un editore tutto felice. "Sono un editore di fumetti, anche io voglio il tuo pane al latte!" Mariolino fù felice di avere un nuovo cliente, e si dedicò a servirlo come meglio poteva. Ma al momento del conto, l'editore protestò: "Costa troppo!" Mariolino allora cercò di spiegargli che quel pane era morbido, richiedeva maggior lavoro e per quello costava di più, ma osservando lo sguardo fisso e la bocca semiaperta dell'editore, mentre lui cercava di parlare di dosi di farina e strutto, si convinse a lasciar perdere. Quindi gli propose altro pane, una baguette: più duro, più bricioloso, ma meno costoso, e più duraturo. L'editore parve dubbioso "Ma è pane o no? Perché io voglio pane."
"Certo che è pane, anche se di tipo diverso."
"Ma è come il pane che ha preso l'altro editore? Perché io voglio il suo stesso pane."
"No, non è proprio lo stesso..."
"Ma è pane, no?"
"Si... è pane"
"Allora siamo a posto!"
Mariolino trattenne ogni commento, ben sapendo lui la differenza profonda che c'era tra panini al latte e pane francese. Arrivati al momento di pagare, l'editore felice dette le sue condizioni, come era sua felice abitudine.
"Pagamento al ricevimento della fattura, in contabilità a fine mese corrente e pagata a 30 giorni".
Questo voleva dire che nel caso oggi fosse stato il 15 del mese, Mariolino avrebbe dovuto comunque mandare lo scontrino, che però sarebbe entrato in contabilità solo il 31, e pagato 30 giorni dopo, all'inizio del mese successivo. Boh, era un po' strano, ma Mariolino non volle contrariare il nuovo cliente e accettò.
L'editore felice lasciò il negozio con il suo sacchetto di carta con la baguette, e risalì felicemente sulla sua Porsche Cayenne. E nei giorni successivi si premurò di raccontare ai suoi colleghi ignari di come quel simpatico panettiere accettava condizioni di pagamento originali... oltre che a fare pure un buon pane, certo, questo era ovvio.

Si, sa, il passaparola funziona meglio di tanti altri sistemi di vendita, e in poco tempo Mariolino si ritrovò a essere il panettiere preferito di diversi editori di fumetti minori, tutti felici di pagare i suoi servizi e avere il loro pane. E anche felicemente lieti di pagarlo secondo le LORO regole. Che variavano dall'uno all'altro, senza regola di coerenza, continuità o logica.
"A due mesi dalla ricezione della fattura. Devo avere la certezza che il pane sia buono e non mi abbia fatto male." disse il secondo editore, mentre pensava a come sistemare quel pane nella sua Mercedes Cayenne.
"A tre mesi dalla ricezione della fattura, devo averlo digerito, ed aver vissuto e lavorato, e quindi essere stato io stesso pagato per il mio lavoro in quei giorni, e quindi SOLO allora, una volta che ho la certezza che la mia vita è andata bene, ti pagherò." ripeté l'altro editore, prima di partire sgommando con la sua Smart Cayenne, e nel sacchetto il suo pane generico senza strutto.
"A cinque mesi dalla consegna. Cioè, io devo mangiare il pane, vivere di quel pane, lavorare, essere pagato, e una volta che ho la certezza che non mi vengano malattie strane (e la banca mi abbia dato gli interessi del mio deposito di questi 5 mesi), solo allora sarò felice e lieto di pagarti come giustamente meriti. E la ricevuta me la manderai allora. Fino ad allora ti devi fidare di ME", disse l'editore popolare successivo "E se ricaverò dei gadgets dal suo pane, o se lo riprodurrò di mia iniziativa, tu non ne riceverai beneficio, perché è tutta un'iniziativa mia, di cui mi assumo rischi e oneri." furono le condizioni del gioviale giovane editore, che subito dopo se ne risalì, con i suoi panini del giorno prima sulla sua Centoventisette Cayenne.
"Intanto prendo il pane, e poi, si com'è la vita, la crisi, le tasse, quando avrò i pagamenti dei miei fornitori, allora sarò felice di pagarti" disse l'editore smemorato, prima di salire sul suo scooter Cayenne con il suo prezioso pane tostato.
"Tu mi dai il pane, io lo mangio, e ti darò una percentuale del 6% su quello che guadagnerò grazie alle forze che mi avranno dato i tuoi panini. E anzi, se vieni in giro a farmi promozione te ne sarò grato. Va bene anche il pane raffermo, grazie, non voglio spendere troppo" disse l'arrembante talentuoso editore barbuto.
"Voglio l'esclusiva per tre anni dei tuoi panini all'olio, pagamento ogni sei mesi in base a come va il MIO lavoro, e quando scadranno i tre anni dovrai richiedere tramite raccomandata con ricevuta di ritorno la fine del contratto, o si considererà automaticamente confermato per altri 3 anni, e la percentuale che riceverai sarà minore, e se alla fine il pane avanza e diventa secco e devo venderlo ai remainders (pardon, volevo dire alla mensa dei poveri) allora niente percentuale, ma è un lavoro duro, non hai idea di quanto ci rimetta io stesso!" disse un altro, non senza borbottare che l'ultima volta il pane gli aveva fatto troppe briciole.

E così via. Nei mesi a seguire, mentre continuava a servire quei fantasiosi editori, Mariolino immaginò che da qualche parte ci dovesse essere un inventore dei pagamenti impossibili, perché tanta varietà doveva essere scaturita da qualche mente superiore ricca di fantasia. Ma nonostante tutto non disse mai di no, e accettò tutte le clausole di quei bizzarri clienti: imparando a segnarsi le scadenze dei pagamenti, impegnandosi il più delle volte a ricordare ai suddetti che ancora non era stato pagato, dopo 10 giorni, 20 o un mese, talvolta andando a fare promozione a casa del cliente, ricordandosi di mandare le raccomandate con ricevuta di ritorno alla fine dei periodi stabiliti per contratto, e imparando a ricevere le risposte più fantasiose che mente umana avesse mai concepito.
"Ma cosa dici? Ma sei sicuro? Ma non è possibile, ti sbagli senz'altro. Ciao. Domani passo a prendere i krapfen, ricordati che siano freschi."
"Lo sappiamo, ma sai com'è, la crisi, l'inondazione, le cavallette... Sono pronti intanto i miei grissini?"
"Siamo pieni di pane, dobbiamo mettere ordine tra le ricevute, abbi fede, e non scordare le pizzette domattina."
"Ti pagheremmo volentieri, caro Mariolino, ma siamo senza soldi, devi aspettare che i clienti ci paghino, poi saldiamo subito, promesso! Intanto mi prepari altre due baguette? Un caro abbraccio!"
"La ricevuta sarebbe arrivata in tempo, se solo io fossi stato in casa a riceverla. Ma ho potuto recarmi in posta solo un mese dopo, e quindi la buona notizia è che sarai dei nostri anche per i prossimi tre anni! Evviva! Ci vediamo giovedì per i panini raffermi"
Ma Mariolino aveva una gran tempra e tanta pazienza, anche se la situazione talvolta lo stressava. Ma quel lavoro se lo era scelto lui, così come sempre lui aveva accettato quelle clausole all'inizio, per cui continuava a  non lamentarsi troppo.

Ma c'era un limite a tutto. Una sera, prima di prendere sonno, mentre si girava nel letto cercando di ricordarsi a chi avrebbe dovuto sollecitare un pagamento l'indomani mattina, anche a lui prese un attacco di sconforto. Per un attimo gli venne un pensiero improvviso "Ah, se fossi stato fumettista. Le cose sarebbero state diverse." Subito dopo si addormentò, come se le preoccupazioni fossero sparite del tutto.

Perché lui avrebbe davvero voluto sentirsi come un fumettista.
E non ebbe mai idea di quanto ci fosse andato vicino.

domenica 8 aprile 2012

Il Maestro e Reginella

Zio Paperone e le Montagne Trasparenti (T 831)
C'è un momento nel corso della tua crescita, in cui cominci a notare delle cose, in cui vedi le differenze. In cui cominci ad apprezzare questo al posto di quest'altro, quando cominci a staccarti dalla massa, quando la smetti di farti piacere le cose che piacciono a tutti, proprio perché piacciono a tutti. Quando cominci a deviare dalla corrente, e ti nasce il gusto.
Evoluzione, maturazione, o semplicemente curiosità, chiamatela come volete. E forse non è nemmeno vero dire che arriva tutto da un certo preciso momento in poi, stabilire che c'è un momento X in cui queste cose cominciano ad accadere.

Lo so, in quest'ultimo caso avete ragione, ma a me piace pensare che la mia personalissima "educazione sentimentale" (per dirla alla Flaubert) sia caratterizzata da alcuni momenti topici, e senza di quelli chissà, magari oggi farei e vedrei le cose diversamente. Certamente uno di questi momenti fù quando cominciai a distinguere tra i vari autori di Topolino. Negli anni '70 Topolino era ancora pubblicato dalla Mondadori, nei singoli numeri c'erano di italiane solo la prima storia e l'ultima, intervallate da diverse storielle brevi americane, che riconoscevi perché invariabilmente avevano come protagonisti Paperino e Paperoga giornalisti del Papersera, Dinamite Bla, Cip & Ciop, o Ciccio e Nonna Papera o i nipoti di Topolino.
Ma erano quella prima storia e l'ultima quelle che rimanevano nella memoria: lunghe, con disegni moderni, appassionanti. Quando ancora non conoscevi i nomi degli autori, cominciavi già a distinguere le storie di Barks da quelle di Scarpa, e che quello un giorno avresti capito essere Cavazzano e l'altro Carpi. Però si trattava di disegni, potremmo dire che fosse facile accorgersene.
Ma non lo dico. Quante volte, a mie affermazioni al riguardo, i miei coetanei contestavano che non capivano, tanto per loro erano tutti uguali? Naaaah, eri solo tu la mosca bianca che lo notava. Tu e qualche altro migliaio di persone in mezzo a miliardi del resto dell'umanità.


Paperino e l'errore del Paperzucum (T 997)
Però, un giorno capitò che quel ragazzino un po' turbolento, al quale ogni tanto la mamma comprava Topolino, perché sapeva bene che se  avesse avuto in mano un fumetto, se ne starebbe stato quieto e non avrebbe continuato a saltare tutto intorno, si accorse anche di qualcosa d'altro, e di differente dal semplice distinguere i disegnatori.
Momenti topici, appunto. Questo è uno.
C'erano queste storie... avvincenti, sempre con qualche esotico mistero, dove i paperi giravano per i posti più strani, in caccia dei tesori più preziosi. Si, ma... tutte avevano UN piccolo dettaglio comune. Qualunque fosse il tema della storia, che fosse per l'affannosa ricerca di qualche tesoro, il viaggio in lontane terre misteriose o la ricerca per la guarire i soldi influenzati di Paperone, ad un certo punto della storia c'era sempre qualcuno (un papero a scelta, Archimede, un medico, uno scienziato, uno stregone africano o il maggiordomo Battista) che per un attimo mostrava uno schema disegnato su una parete, o indicava certi strani cimeli antichi, raccontando (al gruppo di paperi, al solo Paperino, a Qui, Quo e Qua) una qualche teoria scientifica o qualche dimenticata leggenda. Sempre. Era un marchio di fabbrica. Se ti capitava il personaggio che con il dito o la bacchetta che indicava, allora sapevi che sarebbe stata una GRANDE storia, di quelle con quel sapore particolare. 
Qui Quo e Qua aiutavano una zingara? Lei li ringraziava mostrando loro uno schema, rivelando loro di una leggenda lontana. I soldi di Zio Paperone prendevano la febbre? Il medico spiegava su una piantina che avrebbero dovuto intraprendere un viaggio passando per di qua e per di là. Passeggiavano ragionando ad alta voce? Un accattone li sentiva e raccontava loro un'antica storia.
Doveva essere lo stesso scrittore. Evidente, quanto lo era capire che lo scrittore delle storie di Topolino e Gancetto era un altro, e quello delle storie piene di battute, dove non la smettevi di ridere un attimo era un altro ancora. 


Paperino e l'avventura sottomarina (T 873)

Ma per avere la conferma dovetti aspettare un altro po'. Fu solo diversi anni dopo, quando sia nelle ristampe che negli inediti cominciarono a venire indicati gli autori, che riuscii a dare un nome a chi scriveva quelle storie, e ad individuare l'autore delle storie con il tipo che spiegava: e scoprì che avevo avuto ragione, ed erano tutte dello stesso autore, e che si chiamava Rodolfo Cimino. E cominciai ad aggiungere il suo nome nel gruppo dei grandi sceneggiatori disneyani che avrei apprezzato, insieme ai veterani Martina, Scarpa e Chendi, e i meno veterani Pezzin e Concina. Dopo fu facile associare un nome ad un ricordo, ma mi piace sempre ricordare che in un'epoca analogica, in cui se non sapevi qualcosa non te la cavavi subito con la wikipedia, un ragazzino imparò a usare il metodo intuitivo per mettere ordine e classificare i suoi ragionamenti da giovane Nerd in carriera.

E poi? Tutto qui, potrebbe chiedere un lettore distratto. "Uno sceneggiatore così importante e tu riesci a tirare fuori solo questo ricordo?"
Ma questa non è una voce delle wikipedia, è solo un ricordo personale. Se il lettore è in cerca di informazioni su autori Disney, dovrebbe sapere che c'è sempre l'utilissimo sito del Papersera, col suo database e il suo attivissimo forum. E dove sapranno essere più precisi e storiografici (per chi sia interessato alla cosa) di quanto non riesca ad essere io. Io me la posso tirare di essere un'autorità su Conan il Barbaro e sulla Ferrari, su Largo Winch e Buck Danny, ma difetto in molti altri campi fumettistici, o perlomeno mi guadagno la sufficienza.

Qualcosa in più lo posso dire. Cimino scrisse moltissime storie, è sufficiente leggere l'elenco e ritrovarti a ricordarle una per una, ricordarti dove l'hai letta, e cosa facevi in quell'anno, come riaprire un'arca del tempo seppellita vent'anni prima. E inventò molto: le Storie attorno al fuoco di Nonna Papera, per esempio.
E anche se per me rimarrà sempre lo scrittore delle caccie al tesoro, dei viaggi esotici e delle Montagne Trasparenti, del Paperzucum e della "Vanessa", e della gente con la bacchetta che indicava uno schema sulla parete, tuttavia ha fatto ancora di più: qualcosa che ai miei occhi lo rende immortale.
Creò anche Reginella.
E scusate se è poco.

Rodolfo Cimino (Palmanova, 1927 – Mestre, 2012)

domenica 1 aprile 2012

Cartoomics, on My Mind


Cartoomics, puntuale come la cartella delle tasse e il pranzo di Natale, ogni volta che arriva marzo eccola lì, sempre in Fiera di Milano, sempre gli stessi tre giorni di durata, stesso ingresso, biglietteria, e solite facce di sempre (che è sempre bello rivedere, altroché). Ma come tutte le fiere di fumetti ormai, niente fasti o simili, e tutta una serie di difetti che continua a portarsi indietro: manca una lista degli ospiti presenti, gli annunci all'autoparlante non annunciano, ergo ti ritrovi a camminare a pochi metri da un autore che desideri incontrare da sempre, ma non lo sai, perché è coperto dalla folla e nessuno ti dice che succede. E l'afflusso nelle sale, visto che domenica mattina si entrava con difficoltà, tanta era la ressa all'ingresso. Ed entravi con difficoltà anche se avevi già il pass, sia chiaro. Che non era uno solo, ma tre, uno per ogni giorno. Ma te lo dicono solo sabato, quando vai a segnalarli che il tuo di ieri non funziona... e ti danno ADESSO anche gli altri due.
Oltre a sbagliare facilmente l'ingresso: dopo i cancelli col controllo del biglietto, se eri distratto a andavi a sinistra, ti ritrovavi nella fiera del tempo libero, perché i fumetti erano a sinistra (leggere i cartelli, lo so, sono lì apposta, ma uno si distrae un attimo...).
A questo aggiungete tutta una serie di soddisfazioni personali, come il conoscere finalmente uno dei disegnatori/illustratori miti della mia adolescenza di lettore, Aldo DiGennaro, o nella stessa sera ritrovarmi a cenare fianco a fianco tra Angelo Stano e l'amico Felix, e passare una serata divertente. O essere stato costretto a ri-spolverare il mio inglese per chiacchiarare amichevolmente con Gerald Parel, fumettista Marvel francese, poiché i nostri inglesi maccheronici erano il nostro unico punto di contatto.

E poi? Gli amici che rivedi ogni anno, in queste occasione e mai più (vabbè, per il resto c'è sempre facebook), i banchi che espongono tutti gli stessi fumetti, i cosplayer che riempiono i corridoi di colori ed entusiasmo, ma NON comprano fumetti, gli sconti che si abbassano con gli anni e notare quando un amico te lo fa notare che nei corridoi centrali dei banchi vendita, i venditori di fumetti erano in minoranza, surclassati dai vanditori di gadget. E mai che una volta riesci a trovare quei due o tre fumetti che ti mancano, perché sei troppo strano tu a volere proprio quelli, sono troppo strani i fumetti che cerchi, e se li trovi poi non fai nulla perché non ti piace il prezzo, e improvvisamente pensi che in fondo non ti servono poi così tanto.
E poi le novità. Che dal prossimo anno (dicono SOLO per un anno, ma ne dubito...) la fiera si sposta fuori città, a Rho, poiché questa fiera si vede passare sotto la metropolitana, per cui per un anno niente più fiere in zona fiera, non in quei palazzi almeno, che saranno occuoati da scavi e lavori in corso. E tutti a pagare il prezzo maggiorato per la metro fino a Rho.
Ma forse l'anno prossimo in questo stesso periodo magari ho un libro che muoio dalla voglia di leggere.

E in mezzo a tutto questo c'era sempre Jack, con la sua mini videocamera, che si sente molto il regista degli ultimi due Bourne, per come gli traballa l'immagine mentre cammina, impegnato a girare il suo Report personale come sua abitudine.
E la prossima volta magari si ricorda di portare anche delle batterie di ricambio CARICHE, controllandole prima, perché no?
Guardare fino in fondo, o perdete la sorpresa. Non è un pesce d'aprile, però guardate, fate prima a vederlo...
Bye










lunedì 12 marzo 2012

Imparare a remare... arrancando


Una volta, nella metà degli anni '90, quando cominciai il mio lavoro di fumettista, dovetti affrontare il problema della documentazione. Se hai da disegnare una scena che si svolge in una certa città, servirà che ti documenti in modo esaustivo, così da disegnare proprio quella città, e non una qualsiasi. Il più delle volte ci pensava la redazione, inviando tutta la documentazione necessaria, se il posto era particolare e specifico per quella scena, ma altre volte dovevo fare da solo: hai una serie che si svolge a Parigi? Devi disegnare edifici di Parigi, gente parigina,  non puoi fare Milano o Londra. Quindi dovevi cercare. Allora ricorrevo alla biblioteca di casa: una volta che hai la località, guardi se nell'enciclopedia trovi qualcosa, e poi cerchi di pensare se hai altri libri che ne parlino, da qualche parte. Se la risposta era no, dovevi arrangiarti. Una delle opzioni più valide era di andare in un'agenzia viaggi, e chiedere depliant di tale zona. E se l'agenzia insisteva che voleva sapere dove volevi andare, allora inventavi che pensando ad un viaggio così e cosà, e ottenevi tanti coloratissimi depliant, ma poi non potevi più tornare in quell'agenzia, perché non avrebbero più creduto alla storia delle vacanze. E non ditemi che se avessi detto la verità ("Sono un fumettista") avrei fatto prima: ci provai da subito, e decisi che non valeva la pena.

Poi arrivò l'informatizzazione. Internet facile. L'universo a portata di mano. E magari scoprivi che l'isola di Notre Dame che avevi trovato su quel depliant era... ribaltata?? Ma lo imparavi solo quando te lo segnalavano dalla redazione.
Per cui mai più errori simili, oggi è più facile e sei imparato. Cerchi Parigi? Scrivi su Google.
Cerchi un palazzo di Frank Lloyd Wright? Idem.
Lo sceneggiatore ti chiede una scena particolare? Ti manda il link dove trovi tutto, non deve più spedirti un pacco di fotocopie. O ti passa l'indirizzo di un server dove puoi scaricarti tutta la documentazione che ti serve.
Questo si chiama progresso, eh, sì. E dove non arriva la documentazione, ti arrangi googlando in relax: cavalli che cavalcano, molossi che abbaiano, tempi egiziani e look da popolazione nomade, trovi tutto.

Per cui, imparata questa nobile arte del sapersi arrangiare, rimango sempre un po' stupito quando, in un forum o in un social network, leggo di qualcuno che chiede aiuto per trovare cosa e cosi. Quando il più delle volte basterebbe aprire Google, scrivere quello che si cerca e vedere che succede: funziona sempre. Eppure non è così immediato.
"Aiutatemi! Dove trovo il sito di questo tale negozio?"
"Dove trovo il blog di codesto disegnatore?"
"Dov'è il sito della Gazzetta dello Sport?"
"Dove trovo Google?"
"Dove posso trovare in streaming Un medico in famiglia?"
"Ho una barca, come imparo a remare da solo?"

Se vuoi guidare devi fare la scuola guida, e impari a guidare l'auto.
Se vuoi sciare vai dal maestro di sci, e scendi solitario sciando.

"Ma cosa vuoi che mi serva per navigare in rete?" afferma il neo-navigatore, giovane e non.
Come fai a dargli una risposta così su due piedi?
E' possibile che una buona parte degli utenti della rete usi la rete solo saltuariamente? Sì.
Ignorando cosa sia un motore di ricerca, o cosa sia la Wikipedia o l'IMDB? Senza sapere cosa sia PayPal o che ^____^ equivale a :-) ed entrambi hanno un significato preciso, e che se SCRIVI MAIUSCOLO SEMBRA CHE TU STIA GRIDANDO? Che ci sia ancora gente che chiede il significato di IMHO, SOB, MILF, MUX, MKV? Che non sa che le Carte di Credito non ti mandano MAI la mail a casa (scritta in italiano maccheronico) in cui ti chiedono di mettere numero e codice perchè c'è un'emergenza? Che non devi cliccare sui link che ti dicono "Clicca qui, hai vinto un premio"? Che non devi inserire i dati della tua Carta di Credito troppo spesso ovunque ti viene chiesto? Che le finestrelle che ti si aprono in basso simulando una chat con una bella ragazza che ti saluta sono pubblicità occulte e NON vanno premuti?
O che se vai in un sito giornalistico e improvvisamente ti ritrovi su un sito di cinema che ti mostra il trailer di Bruce Willis, non hai sbagliato nulla, ma è il sito che ha un accordo pubblicitario che ogni tanto ti gira sul sito ospite, per cui devi riaprire la pagina recuperando l'indirizzo (non serve premere "Refresh").

Che i forum hanno la loro NETIQUETTE, le FAQ, il tutto per aiutarti a navigare meglio? E che danno per scontato che tu lo sappia? Proviamo per un breve istante a fare la maestrina con la penna rossa: la Netiquette è l'equivalente delle tavole della legge di Mosè: è il regolamento, con i comportamenti da seguire. E quindi se li violi subito non ti devi meravigliare se ti bannano (buttano fuori). O se dicono che si un Troll (rompiscatole intenzionale) e scateni un Flame (provocazione), affermano qualcosa seguito da IMHO (a mio personalissimo parere), o rispondono ROTLF  (mi sto rotolando dalle risate) e ti rimandano alla FAQ (Istruzioni per l'uso).
E' simile all'imparare l'uso delle marce quando guidi. Una volta che impari non lo scordi più, ma il primo sforzo dev'essere il tuo. Per esempio scrivendo le sigle incomprensibili su Google e vedendo che ne esce.

"E tu come le sai queste cose? Te le ha dette qualcuno?" domanda il gioviale lettore del blog.
No, ma quando ho cominciato io c'era Altavista come motore di ricerca. Che trovava molta più roba di Yahooo. Ma poi inventarono Gooooogle, e da allora sono a posto. Ho imparato a navigare, remando.

Per cui, fatemi una cortesia, piccola piccola: imparate le regole basilari della navigazione. Leggetevi le FAQ. Imparate la Netiquette. Salvate gli indirizzi di Google, della Wikipedia e dell'IMDB (serve sempre). Non lamentatevi di avere spam sul vostro sito se avete lasciato la possibilità a tutti di postare (ci sono dei filtri, usateli). Non lamentatevi di ricevere montagne di pubblicità indesiderata (questa è la Spam) se inserite il vostro indirizzo mail su mille forum e siti, e se vi mandano le mail cumulative con gli indirizzi in chiaro. Non pretendete di convincermi che la vostra homepage sia cambiata da sola e non avete idea di perchè ora c'è una donna nuda sul vostro schermo. E se non volete ricevere richieste di Castleville su Facebook, disattivatele (lo so, è complicato trovare come si fa, ma è possibile).
E se ti perdi un telefilm, è forse il caso di tenere sempre pronto il vecchio VHS e programmarlo, anziché domandare pubblicamente dove vederlo in streaming, perché i vecchi sistemi funzionano sempre bene, ogni tanto.
E comunque il Medico in Famiglia si vedeva in streaming dal sito della Rai. E se cerchi bene trovi che molti altri telefilm hanno questa possibilità.
Insomma, dai, non è difficile, solo un pizzico di impegno.

In compenso io non so remare, su una barca vera. In fondo non si riesce a imparare proprio tutto.